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Israele blocca le esportazioni agricole palestinesi

Israele blocca le esportazioni agricole palestinesi

Anp/Israele La misura è una ritorsione per la decisione palestinese di importare capi di bestiame all'estero e non dagli allevatori israeliani. Intanto al CdS dell'Onu l'Anp potrebbe ritirare la risoluzione contro il piano Trump per mancanza di sufficienti sostegni

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 11 febbraio 2020
Michele GiorgioGERUSALEMME

Si intensifica la guerra commerciale tra Israele e Autorità nazionale palestinese (Anp) cominciata nei mesi scorsi. E tutto lascia credere che i palestinesi ne usciranno sconfitti. Prigionieri del Protocollo economico di Parigi, figlio degli Accordi di Oslo del 1993, i palestinesi non possono scegliere liberamente con chi avere o non avere relazioni commerciali. Una condizione che non cambierebbe se venisse attuato l’“Accordo del secolo”, il «piano di pace» presentato il 28 gennaio dall’Amministrazione Trump che assegna ai palestinesi una sorta di riserva indiana in Cisgiordania e non uno Stato sovrano e indipendente.

 

Due giorni fa il ministro della difesa israeliano Naftali Bennett, esponente di punta della destra nazionalista religiosa, ha bloccato le esportazioni agricole palestinesi attraverso la Giordania, la loro unica via di esportazione dalla Cisgiordania verso il resto del mondo. «Il direttore delle dogane israeliano ha comunicato che i prodotti agricoli palestinesi saranno banditi dalle esportazioni via Giordania. Comprendiamo l’impatto negativo che deriverà da queste misure ma sono certo che ci saranno effetti anche per l’economia israeliana», ha detto il ministro dell’agricoltura dell’Anp, Riyad al Attari, avvertendo che i palestinesi a loro volta smetteranno di importare prodotti agricoli israeliani, succo di frutta e acqua in bottiglia. Una risposta che danneggerà solo in lieve misura Israele. Commercianti ed imprenditori palestinesi invece già prevedono perdite per decine di milioni di dollari se non sarà riaperto al passaggio delle loro merci agricole il ponte di Allenby, il valico con la Giordania. Bennett inoltre ha fermato l’importazione in Israele di ortaggi prodotti dai coltivatori palestinesi, pari a 88 milioni.

 

Intenzione apparente del ministro israeliano è sanzionare duramente l’Anp che lo scorso ottobre aveva annunciato che nei territori sotto la sua amministrazione non saranno più importati vitelli da Israele. Il motivo sarebbe che i circa 120.000 capi di bestiame acquistati dai palestinesi mensilmente dallo Stato ebraico sono essi stessi importati da vari paesi, pertanto converrebbe comprarli direttamente all’estero in modo da risparmiare sui costi. L’immediata protesta degli allevatori israeliani ha innescato le ritorsioni di Bennett. Dalla crisi in atto emerge chiaro un dato di fatto: i palestinesi non hanno diritto di scegliere con chi commerciare, a differenza degli imprenditori e uomini d’affari israeliani.

 

Sul piano diplomatico forse i palestinesi dovranno ingoiare un’altra battuta d’arresto. Stando a indiscrezioni diffuse ieri sera da media arabi e israeliani, la leadership palestinese avrebbe deciso di ritirare la bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite contro il piano Trump presentata con l’appoggio di Indonesia e Tunisia. Dal segretario generale dell’Olp Saeb Erekat è giunta una smentita ma il quadro ieri sera appariva confuso. Secondo alcuni la risoluzione non avrebbe raccolto i nove voti favorevoli, sui 15 seggi, necessari per essere sottoposta ad un voto e questo evita agli Stati uniti l’imbarazzo di dover far uso del diritto di veto per bloccarla. Uno o più paesi membri del CdS hanno negato il loro appoggio alla risoluzione. D’altronde le pressioni americane si erano fatte intense e l’agenzia francese Afp ieri riferiva che il tono dell’ultima bozza, prima del suo presunto ritiro, appariva più moderato rispetto alla versione iniziale. A questo punto non è sicuro che l’ex premier israeliano Ehud Olmert prenderà parte, come anticipato la scorsa settimana dai media, alla conferenza stampa con il presidente palestinese Abu Mazen per esprimere pubblicamente la sua opposizione al piano Usa.

 

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