Isis. Attacco in massa nel Sinai, decine di soldati uccisi
Egitto I jihadisti del gruppo Ansar Bayt al Makdes, affiliato allo Stato Islamico, hanno lanciato ieri un'ondata di attacchi simultanei senza precedenti per ampiezza e potenza. E' stato un bagno di sangue. Le forze di sicurezza egiziane uccidono al Cairo nove presunti militanti dei Fratelli Musulmani
Egitto I jihadisti del gruppo Ansar Bayt al Makdes, affiliato allo Stato Islamico, hanno lanciato ieri un'ondata di attacchi simultanei senza precedenti per ampiezza e potenza. E' stato un bagno di sangue. Le forze di sicurezza egiziane uccidono al Cairo nove presunti militanti dei Fratelli Musulmani
Si combatteva ancora ieri sera nel nord del Sinai, dentro e intorno la cittadina di Sheikh Zweid, lungo le strade per el Arish e si registravano forti esplosioni nella zona di Rafah, a ridosso della Striscia di Gaza. I jihadisti del gruppo Ansar Bayt al Makdes, affiliato allo Stato islamico, hanno lanciato un’ondata di attacchi simultanei senza precedenti per ampiezza e potenza. E’ stato un bagno di sangue, decine di morti e feriti. Più di tutto è stata una pesante dimostrazione di forza alla vigilia del secondo anniversario del colpo di stato militare contro il presidente islamista Mohammed Morsi e all’indomani dell’attentato al Cairo in cui ha perso la vita il procuratore generale Hisham Barakat. Eppure non contro i jihadisti ma i Fratelli Musulmani è calata ancora una volta la scure del regime del presidente Abdel Fattah al Sisi. Nove egiziani, presunti “terroristi” e militanti della Fratellanza, sono stati uccisi ieri in un blitz delle forze speciali della polizia nel distretto del “6 Ottobre”. Tra le vittime figura anche un ex deputato, Nasser el Hafi. Secondo un portavoce, gli agenti avrebbero risposto al fuoco dei “sospetti” individuati in alcuni edifici. Ma le circostanze di questo ennesimo bagno di sangue al Cairo sono avvolte nel mistero.
I “Leoni del Califfato”, in linea con la nota strategia da combattimento delle milizie dello Stato islamico, hanno usato un kamikaze a bordo di un veicolo imbottito di esplosivo per infliggere un primo decisivo e devastante colpo agli avversari. Poi sono scattati gli altri attacchi, in contemporanea e in diversi punti del nord del Sinai, con missili, mortai e armi anticarro contro una quindicina di posti di blocco e postazioni dell’esercito. Colti di sorpresa per molti soldati egiziani la morte è stata istantanea. Quindi è partito l’attacco al commissariato di polizia di Sheikh Zweid, dove i miliziani di Ansar Bayt al Makdes hanno issato per qualche ora le bandiere nere del Califfato e fatto prigionieri alcuni agenti e militari, prima di essere costretti ad arretrare (ma ieri sera qualche fonte sosteneva che l’edificio era ancora nelle mani dei jihadisti, assieme ad alcune zone di Sheikh Zweid). I combattimenti sono stati intesi e l’esercito ha cominciato a riprendere il controllo del terreno perduto solo grazie ai bombardamenti aerei, di F-16 e elicotteri, sulle postazioni degli affiliati all’Isis. Oltre 70 soldati e civili sarebbero rimasti uccisi, secondo un bilancio fornito da fonti mediche locali. Le autorità del Cairo parlano invece di una cinquantina di morti tra soldati e civili e di decine di miliziani uccisi.
«L’Egitto è in stato di guerra», ha affermato a gran voce il premier Ibrahim Mahlab annunciando l’adozione di nuove misure anti terrorismo. Misure che poco dopo sono state approvate dal governo e che attendono ora solo la firma di al Sisi per diventare un decreto. L’agenzia di stato Mena non ha fornito particolari sulla nuova legislazione ma dalle notizie filtrate dal Cairo, le procure avranno più poteri mentre le forze di sicurezza potranno estendere le detenzioni di sospetti, senza l’assistenza degli avvocati, per periodi ancora più lunghi rispetto agli attuali. Si apre la strada ad una nuova stretta sui diritti umani e politici destinata a colpire più dissidenti ed oppositori, laici e islamisti, che i responsabili veri degli attacchi armati. Comunque sia, l’attentato al Cairo di due giorni fa contro il procuratore Barakat e l’offensiva di ieri dell’Isis a Sheikh Zweid dimostrano la fragilità del regime di al Sisi che ha fatto della guerra ai Fratelli Musulmani e ai jihadisti nel Sinai i punti principali della sua azione. L’Egitto ora si trova stretto a Ovest (Libia) e a Est (Sinai) tra migliaia di sostenitori armati dello Stato islamico.
I “Leoni del Califfato” ora bussano anche alla porta di Gaza e di Israele. In un video diffuso due giorni fa, lo Stato Islamico dichiara guerra al movimento islamico palestinese Hamas, che considera debole e incapace di imporre la legge islamica (sharia). «Trasformeremo la Striscia in un altro feudo del Califfato per strappare l’enclave (Gaza) ad un gruppo che non impone la religione ai civili…Estirperemo lo Stato degli ebrei e voi, tiranni di Hamas, e Fatah, tutti i laici sono nulla e calpesteremo le vostre moltitudini striscianti…La legge della Sharia sarà attuata a Gaza, nonostante voi. Giuriamo che quello che sta avvenendo nel Levante oggi e in particolare a Yarmouk avverrà anche a Gaza», proclama nel video un jihadista con il volto mascherato. Il controllo di Hamas resta forte a Gaza ed appare inverosimile che i gruppetti salafiti palestinesi che si dicono membri del Battaglione Sheikh Omar Hadid e parte dell’Isis, possano metterlo in seria difficoltà. Tuttavia negli ultimi mesi la tensione tra le due parti è aumentata. Il braccio armato di Hamas ha inferto diversi colpi ai sostenitori dello Stato Islamico che da parte loro reagiscono lanciando razzi contro il sud di Israele allo scopo di innescare le reazioni del governo Netanyahu contro Gaza e Hamas. Israele da parte sua ieri ha chiuso i valici meridionali ed espresso solidarietà all’alleato al Sisi.
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