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Isa Barzizza, modernità di una diva

Isa Barzizza, modernità di una divaIsa Barzizza in «Porca miseria!», il film del 1951 diretto da Giorgio Bianchi

Ricordi/Un ritratto della soubrette, scomparsa di recente. Aveva 93 anni Figlia del jazzista Pippo Barzizza, ha incarnato in maniera esemplare il ruolo della showgirl, lavorando con miti quali Totò e Macario

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 agosto 2023

Isa Barzizza, scomparsa lo scorso maggio, è stata certamente la più importante soubrette dello spettacolo italiano. Importante perché è grazie ad essa che la figura della showgirl ha assunto dimensioni interessanti. Soprattutto da quando Barzizza riesce ad esplorare il mondo della canzone con una semplicità tale da sembrare che qualsiasi motivo interpretasse fosse fatto apposta per lei. Ma tutto nasceva probabilmente da quella paterna effusione di grazia e musicalità che le veniva da non molto lontano.
Il papà di Luisita, in arte Isa, era il grande maestro Pippo Barzizza, considerato all’epoca il re del jazz. In effetti Pippo Barzizza aveva introdotto in Italia, assieme a Gorni Kramer, quel ritmo forsennato che tanto piaceva agli italiani e poco al duce, il jazz bianco, quello delle orchestre swing alla Glenn Miller o alla Stan Kenton. Barzizza non mancò di manipolare quel moderno linguaggio infondendolo di una insolita modalità di scrittura leggera. Grazie a lui nacque un genere fra il pop e il jazz. Egli fu eccezionale nel coniugare vari linguaggi, da grande conoscitore e studioso di musica classica e in particolare della lirica. Non mancò poi con la figlia Isa di creare delle canzoni perfette per quella voce incredibilmente leggiadra.

IL BATTESIMO TEATRALE
Isa Barzizza ebbe il battesimo nel teatro leggero, quello di rivista quando Macario la volle con sé per il debutto a teatro ne Le educande di San Babila del 1947 a cui fece seguito Follie di Amleto. Lei cantava, ballava, spodestava dal suo dorato trono due dive indiscusse come Dorian Gray (Maria Luisa Mangini) e Wanda Osiris (Anna Maria Menzio) soprattutto. Ci riuscì da subito, catturando la simpatia del pubblico grazie a quella sua innata vena mista di sensualità e estrema delicatezza. Fu quasi impalpabile per il tempo di allora il suo approccio al palcoscenico che invece era costellato di presenze forti e dominanti. Forse per queste caratteristiche il già famoso Totò la volle con sé in due riviste del suo ultimo periodo teatrale, C’era una volta il mondo e Bada che ti mangio. Isa Barzizza incantò il pubblico e incantò soprattutto Totò che la scritturò per diversi film, affascinato dalla sua voce serena e dalla dizione perfetta.
In effetti è con Totò che è possibile ricordare la voce di Isa Barzizza grazie ad alcune canzoni che ella interpretò in film come Figaro qua, Figaro là, dove canta Non aspettar domani su musiche del padre Pippo. La sua voce l’accompagna in altre interpretazioni canore come Miss Bianchina nel film Porca miseria! diretto nel 1951 da Giorgio Bianchi o La canzone del «Coulisson» scritta come la precedente da Pippo Barzizza ed inclusa nel film Adamo ed Eva di Mario Mattoli. Ma notevole è la sua interpretazione de Il blues della solitudine incluso in Viva la rivista diretto da Enzo Trapani. Mentre sempre del padre è rintracciabile in rete l’interpretazione di una bellissima canzone come Domani. Ma di incisioni discografiche non ne abbiamo molte, fatte salve delle vecchie registrazioni di un 78 giri dove troviamo Merci beaucoup con l’orchestra diretta dal padre il cui retro è Il blues della solitudine. Invece nel 1949, sempre con l’orchestra diretta dal padre, canta Oggi è nato l’amore assieme alla Canzone del «Coulisson». Incide sempre con l’orchestra diretta dal padre anche un ep per la Rca in cui spicca Merci beaucoup, Blues della solitudine, Mon homme e la «napoletana» Te sto aspettanno. La canzone di Kramer Merci beaucoup fu interpretata la prima volta da Isa Barzizza nella rivista di Garinei e Giovannini Gran baldoria.

PUNTO DI RIFERIMENTO
Di sicuro, a oggi, Isa Barzizza ha disegnato l’idea della diva, della vera soubrette. Ma in sé incarnava una forte dose di modernità tanto da competere con le dive di allora. E non solo di allora. Non è un caso che Raffaella Carrà abbia preso Barzizza come riferimento per costruire la sua immagine di moderna soubrette. Non solo lei. In qualche modo quella sua moderna presenza quasi da diva americana, ha fatto sì che nel corso del tempo l’immaginario comune facesse di Isa Barzizza una vera e propria icona. A volte a sua stessa insaputa. Scrivevano di lei due autorità nel campo del divismo post rivista, Dino Falconi e Angelo Frattini: «È la più giovane “soubrette assoluta” della rivista italiana».
Scoperta da Macario nell’immediato dopoguerra, Isa era non solo emozionatissima, ma minorenne, la sera in cui appariva in palcoscenico per la «prima» de Le educande di San Babila. Quando sfilava in passerella, il volto le si imporporava lievemente; il suo magnifico sorriso non sapeva dissimulare completamente un’ombra di disagio. Ma la cosiddetta «stoffa» della soubrette era indubbia: spirito, garbo, malizia, freschezza, erano le sue doti più invidiabili. Isa con Macario, Isa con Totò, e poco dopo Isa in una quantità di film, vittoriosa sullo schermo come sulla ribalta del palcoscenico. L’attività cinematografica, anzi, le impedì più d’una volta di ripresentarsi in teatro; finché un giorno, quasi senza avvedersene, si ritrovò impegnata tanto con Cinecittà che con gli Spettacoli Errepì. Sembrò anche che ad un certo punto avesse messo da parte l’impegno teatrale per non mandare a fondo quello cinematografico, ma Errepì, forte del contratto che aveva in mano, si mostrò inflessibile: i suoi avvocati ottennero il sequestro dei beni della leggiadra traditrice «fino alla concorrenza di cinquantaquattro milioni» – cifra approssimativa del danno che la società avrebbe subito.
Nel darne notizia, un giornale di Roma scriveva: «Il sequestro dei seni di Isa Barzizza per un valore di cinquantaquattro milioni». Era un banalissimo errore di stampa, si capisce, ma un refuso che avrebbe inorgoglito qualsiasi attrice (si racconta poi che quel giorno Gina Lollobrigida e Silvana Pampanini passassero ore ed ore a fare, matita alla mano, complicatissimi calcoli aritmetici).

SULLO SCHERMO
Tutto questo ci fa capire come Isa Barzizza fosse un’artista priva di quegli orpelli che agli occhi del pubblico trasformavano le dive di allora in dee intoccabili.
Invece probabilmente grazie alla guida di Antonio De Curtis fu in grado di entrare nel cuore degli italiani senza grandi sforzi. Anche per la memoria delle undici pellicole interpretate assieme a Totò: I due orfanelli, Fifa e arena, Totò al giro d’Italia, I pompieri di Viggiù, Le sei mogli di Barbablù, Figaro qua Figaro là, Sette ore di guai, Totò a colori, Un turco napoletano, Totò cerca pace, Gran varietà.
Nel corso del tempo sarà l’interprete della commedia musicale tutta italiana Valentina con Enrico Viarisio scritta da Marcello Marchesi e da Vittorio Metz con le musiche di Pippo Barzizza che debuttò nel settembre del 1955 al Teatro Nuovo di Milano. Nello stesso anno verrà diretta da Daniele D’Anza nell’operetta Wunder Bar di Geza Herczeg e di Karl Farkas trasmessa sul primo canale della televisione di stato.
Dopo un lungo distacco dalle scene torna per dedicarsi al teatro di prosa e ad alcuni camei in varie pellicole. Di lei rimane una voce di rara bellezza e una inossidabile raffinatezza che è ancora l’essenza dell’essere vera diva.

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