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Iran, svolta moderata. Rohani è presidente

Iran, svolta moderata. Rohani è presidenteIl nuovo Presidente iraniano Rohani – Foto Reuters

Elezioni Vince al primo turno il candidato di Rafsanjani. Esulta il movimento riformista

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 16 giugno 2013

L’imprevisto diventa realtà. Il moderato Hassan Rohani è il nuovo presidente iraniano al primo turno. A conclusione dello spoglio dei voti ha ottenuto oltre il 50% dei suffragi. Una vittoria lontana dalle affermazioni di Khatami del 1997 e del 2001 (quando vinse con il 69% e il 78% dei voti), ma con una maggioranza netta e insperata alla vigilia. Altissima l’affluenza alle urne che secondo il ministero degli Interni si attesterebbe oltre il 70% dei 50 milioni aventi diritto al voto. Un successo che esalta il movimento riformista, ma non le aspirazioni al cambiamento della presidenza di Mohammed Khatami. Rohani non è un nuovo Khatami ma un politico pragmatico e moderato, più vicino ai tecnocrati di Rafsanjani che non ai movimenti alternativi. Per questo, la prima dichiarazione del vero leader iraniano, la Guida suprema Ali Khamenei è stata: «Un voto per chiunque di questi candidati è un voto per la Repubblica islamica e un voto di fiducia nel sistema e nel meccanismo elettorale». È quanto si legge in un messaggio dell’anziano ayatollah che circolava ieri sul suo profilo Twitter. Khamenei è apparso senza dubbio sollevato alla notizia di poter voltare pagina dopo otto anni di presenza ingombrante in politica estera e interna del populista Ahmadinejad.
«L’epopea politica che il leader voleva ha avuto luogo», ha dichiarato con una certa lucidità il funzionario Safar Ali Baratloo. Tutto è andato secondo il copione della Guida sauprema per un presidente che non ha molti poteri e spazio nelle istituzioni della Repubblica islamica. Ma qualcosa cambierà perché, con la vittoria dell’unico mullah in gara, l’era del radicalismo e del muro contro muro sul programma nucleare potrebbe finalmente tramontare. Rohani è un uomo delle istituzioni, è stato Segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dal 1989 al 2005, ricoprendo la carica di responsabile dei negoziati per il nucleare durante la presidenza Khatami. Nel periodo in cui ha gestito i colloqui con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rohani ha siglato il protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare, permettendo ispezioni a sorpresa dei negoziatori internazionali nei siti nucleari iraniani. In una recente intervista televisiva, ha chiaramente difeso il suo operato da negoziatore, negando di aver concesso troppo alla comunità internazionale.
Il nuovo presidente, 64 anni, è stato anche esponente del Consiglio per la soluzione delle controversie tra Parlamento e Consiglio dei guardiani e dell’Assemblea degli esperti, che ha il compito di nominare la Guida suprema e ne può decidere la deposizione in caso di incapacità di governo o se perde i requisiti previsti dalla Costituzione. Rohani è stato poi il presidente del Centro di ricerca strategica, finanziato dai tecnocrati. Negli ultimi anni ha criticato aspramente il presidente uscente Ahmadinejad e per questo è stato spesso oggetto di minacce da parte degli uomini dell’entourage del radicale. In campagna elettorale, ha fatto riferimento ad accuse di corruzione nei confronti del governo di Ahmadinejad. Proprio l’ex uomo forte, pasdaran e sindaco di Tehran esce duramente sconfitto e ridimensionato da questa competizione. Alla vigilia del voto, Rohani si è impegnato per un governo «né di compromesso né avventuriero», «in continuità con Khatami e Rafsanjani». Negli ultimi dibattiti tv ha fatto più volte riferimento alla narrativa del movimento riformista per mobilitare il suo elettorato: ha proposto l’espansione delle libertà di espressione, il rispetto della privacy e limiti ai controlli di sicurezza, chiedendo riforme per l’uguaglianza tra uomini e donne e per favorire la partecipazione politica.
Per questo, verso di lui sono convogliati i voti dei riformisti dopo l’aperto sostegno di Khatami e la rinuncia a correre per il voto dell’ex vice presidente Reza Aref. Ma anche le critiche di molti conservatori che ne volevano la rimozione in extremis dalla competizione. Rohani ha partecipato al dibattito politico tra i tecnocrati, lavorando fianco a fianco con l’Associazione del clero combattente e il partito Kargozaran, entrambi vicini a Rafsanjani. «Se i nemici della Repubblica islamica dell’Iran hanno un minimo di decenza devono accettare che in Iran si sono svolte le elezioni più democratiche al mondo», ha esultato il grande escluso da questa competizione Hashemi Rafsanjani.
Sembra prospettarsi così un ritorno in grande stile di moderati, tecnocrati e riformisti con l’avallo della Guida suprema Ali Khamenei. Questo potrebbe aprire una stagione di riconciliazione con la repressione paramilitare degli ultimi anni, riportando in libertà prigionieri politici e attivisti. Ma non è detto che favorisca nell’immediato le riforme richieste dalla popolazione e continuamente bocciate dal clero conservatore. Il presidente Rohani potrebbe dare però nuovo respiro alla stampa indipendente, sindacati, minoranze, alle Università e alla società civile iraniana, duramente repressi negli ultimi otto anni.

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