Lo storico iracheno Sami Zubaida: «Iran isolato per troppo tempo»
Intervista Sami Zubaida, dell’Università di Birkbeck su accordo nucleare e crisi in Yemen
Intervista Sami Zubaida, dell’Università di Birkbeck su accordo nucleare e crisi in Yemen
Abbiamo intervistato a Londra lo storico iracheno Sami Zubaida, docente dell’Università di Birkbeck, per parlare delle conseguenze sulle divisioni tra sunniti e sciiti del possibile accordo sul nucleare iraniano e di crisi in Yemen.
Quali potrebbero essere gli effetti sulle divisioni tra sunniti e sciiti dell’accordo preliminare sul nucleare?
Tutte le principali crisi regionali coinvolgono anche l’Iran. Gli ayatollah hanno un’influenza tale che se si vuole ottenere qualcosa prima di tutto bisogna negoziare con loro. Certo i sauditi non lo vorrebbero.
Il riavvicinamento tra Tehran e Stati uniti potrebbe risolvere le crisi regionali?
I sauditi vedono il riavvicinamento tra Stati uniti e Iran come una minaccia. L’amministrazione Obama invece lo considera come una possibile soluzione su vari fronti. Se l’accordo sul nucleare va in porto, gli Stati uniti inizieranno a fare accordi sistematici con l’Iran. Sauditi e israeliani sono preoccupati di questo. Per questo Netanyahu ha cercato in tutti i modi di influenzare i negoziati per il nucleare
Questo determinerà una più estesa influenza iraniana sulla regione?
L’Iran è stato isolato per troppo tempo. Ma soprattutto dopo la guerra in Iraq ha stabilito un’influenza nella regione che prima era limitata all’alleanza con il regime siriano e al ponte con Hezbollah in Libano. Da quel momento, l’Iran ha costruito una rete di influenza e di controllo nella regione.
Dopo l’arresto di due presunti ufficiali delle guardie rivoluzionarie ad Aden, crede che i legami tra autorità iraniane e Houthi in Yemen si stiano rafforzando?
I mullah sciiti controllavano il paese negli anni Sessanta. L’Arabia Saudita ha iniziato ad estendere la sua influenza imponendo in Yemen la scuola salafita, wahabita che fino a quel momento era aliena nel paese. Sono nate istituzioni e opere caritatevoli come risultato di questo. Ma l’antagonismo tra sunniti e sciiti è stato solo ora trasformato in scontro confessionale. I leader Houthi andarono in Iran negli anni Settanta ma solo per una visita politica. Non hanno mai scelto la strada della Repubblica islamica.
Perché ora questo antagonismo è stato esasperato tanto da sfociare in una guerra?
A esasperare questo antagonismo è stato il sostegno saudita al partito dei Fratelli musulmani in Yemen (al-Islah). Questo dimostra che i sauditi sostengono e oppongono la Fratellanza in relazione allo spazio e al tempo. Per esempio quando i Fratelli musulmani in Egitto erano contro Nasser, i sauditi li sostenevano. Ora appoggiano al-Islal in Yemen. Ma l’impressione è che non sia un partito forte.
Pur senza un legame organico con l’Iran, gli Houthi sembrano molto forti, è così?
Gli Houthi sono sostenuti dall’Iran ma rispetto ad Iraq e Siria non esiste un collegamento organico. Gli Houthi non hanno le stesse caratteristiche di sciiti iracheni e siriani. Nel caso yemenita il settarismo sciiti contro sunniti è diretta responsabilità dell’Arabia Saudita e del suo opportunismo. Per il momento gli Houthi hanno successo soprattutto grazie al sostegno dell’ex presidente Abdallah Saleh. Per questo il popolo yemenita non difende il regime e non sembra contro gli Houthi e così i sauditi e i loro alleati bombardano il paese. Saleh continua ad essere molto forte.
Si può fare un parallelo con il sostegno tra Stato islamico e Baath in Iraq?
Il sostegno che lo Stato islamico (Is) ha trovato nel Baath in Iraq ha seguito un meccanismo molto diverso. I baathisti erano marginalizzati, Saleh è molto potente.
Anche al-Qaeda in Yemen è molto forte…
Sì, quale sia il suo peso rispetto allo Stato islamico (Is) è difficile dirlo. In Yemen Is è un brand non un’organizzazione importante. E spesso si sovrappone ad al-Qaeda nella Penisola araba (Aqap) che combatte contro gli sciiti e il governo.
Si può fare anche su questo un parallelo con l’Iraq?
Non si può paragonare la presenza di Is in Iraq e in Yemen. In Iraq hanno occupato un gran territorio ed è stato molto difficile scacciarli. In Siria e Iraq l’Is controlla istituzioni territoriali, in Yemen si rafforzeranno se continueranno a cementare i loro legami con al-Qaeda. Il punto strategico è il controllo del porto di Aden. Una ragione per cui i sauditi sono intervenuti è il legame con gli iraniani. Il risultato è un altro paese in rovina mentre la soluzione politica si allontana sempre di più.
Ci sono differenze tra gli attacchi di Nasser in Yemen e quelli di al-Sisi?
Al-Sisi si presenta come Nasser ma non lo è. Nasser in Yemen combatteva contro i sauditi ora l’Egitto appoggia l’Arabia Saudita. Al-Sisi persegue una politica aggressiva. In Libia non avviene lo stesso che in Yemen. Per l’Egitto, intervenire in Libia significa controllare il suo confine occidentale, fermare i traffici delle organizzazioni jihadiste, insomma in quel caso ci sono interessi in tema di sicurezza nazionale che non ci sono in Yemen.
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