Cultura

Ipotesi sull’origine del linguaggio

Ipotesi sull’origine del linguaggioLinguaggi e forme di comunicazione / foto Ap

FESTIVALFILOSOFIA Un’anticipazione dalla lectio magistralis dello scienziato svedese. L’incontro dedicato alla «cooperazione evolutiva» si terrà a Modena domenica 17 settembre (ore 11.30). Un cervello non è l’unica cosa necessaria alla comparsa di questo sistema complesso che viene appreso socialmente: noi lo apprendiamo imitando gli altri in un contesto sociale

Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

Cosa c’è di speciale negli umani? I linguisti della scuola di Noam Chomsky hanno spesso argomentato che un piccolo cambiamento genetico ha fornito ai nostri antenati un cervello pronto al linguaggio; tutto il resto è storia. Questa visione un po’ a sbalzi dell’evoluzione del linguaggio è stata ritenuta sbagliata per molte ragioni, cui io vorrei aggiungerne qui un’altra.
Il nostro cervello non è pronto al linguaggio in un regime di acceso/spento, né è di per sé sufficiente a giustificare la comparsa del linguaggio. Supponiamo, ipoteticamente, di poter inserire il gene adatto al linguaggio nel genoma delle scimmie. Siamo sicuri che il linguaggio farebbe allora spontaneamente la propria comparsa fra queste scimmie Ogm? Non è scontato.

DEL RESTO, i risultati dell’addestramento al linguaggio nelle scimmie sono sì modesti, ma non per questo nulli. Le scimmie riescono infatti a imparare a connettere i simboli ai referenti e a utilizzarli in maniera comunicativa. Formano e usano concetti, e mostrano intenti comunicativi in maniera inequivoca. Si può discutere se chiamarlo o meno linguaggio, e di sicuro siamo molto lontani dal pieno linguaggio umano, soprattutto per la mancanza di sintassi.
Fatto sta che ciò mostra comunque la presenza nelle scimmie di alcune abilità pertinenti al linguaggio; si tratta di uno strumento di comunicazione funzionale di un certo livello protolinguistico. I cervelli delle scimmie possono non avere la gamma completa della predisposizione umana al linguaggio, ma dispongono di alcuni pertinenti ingranaggi linguistici.
Se però i cervelli delle scimmie sono pronti al protolinguaggio, perché fra le scimmie allo stato brado non compare spontaneamente un semplice protolinguaggio simile a quello che le scimmie mostrano in laboratorio? Evidentemente, mancano alcuni fatti: elementi chiave extra-linguistici. Un cervello pronto al linguaggio non è l’unica cosa necessaria alla sua comparsa. In un ipotetico gruppo di creature dotate della facoltà di linguaggio umana (in senso stretto) ma comunque simili alle scimmie nella psicologia e nel comportamento, il linguaggio non farebbe la sua comparsa. Qual è allora il fattore mancante?
Il linguaggio è un sistema che viene appreso socialmente: noi lo apprendiamo imitando gli altri in un contesto sociale. Alcuni linguisti, Chomsky in particolare, sostengono che parti fondamentali del linguaggio (specie la sintassi) siano innate.

ANCHE I CHOMSKIANI concordano tuttavia sul fatto che tutto il vocabolario e tutte le particolarità grammaticali di ogni singolo linguaggio vengano appresi socialmente, tratti da altri parlanti. Gli umani sarebbero capaci di inventare parole e interi linguaggi ex novo, ma di solito non lo fanno: la stragrande maggioranza di noi ha appreso buona parte del proprio vocabolario da altre persone, in un procedimento di imitazione sociale.
Se non apprendiamo le parole dagli altri, il linguaggio non riuscirà a imporsi come sistema di comunicazione. Se l’apprendimento non è affidabile e accurato, il risultato non sarà un linguaggio unificato, condiviso tra i parlanti. Pertanto un prerequisito del linguaggio è l’apprendimento per imitazione sociale, su larga scala, affidabile e ad alta fedeltà.
Rispetto alle scimmie, gli uomini sono molto più disponibili l’uno verso l’altro. Rispetto alle altre scimmie, siamo anche molto più fiduciosi. Siamo altruisti in misura assai maggiore, e ci aspettiamo che gli altri lo siano altrettanto. Ciò non significa che le persone non siano mai egoiste, ma che non sono sempre egoiste. Spesso agiscono in maniera altruistica anche verso gli estranei, perfino quando torna a loro immediato svantaggio.
L’altruismo si è evoluto secondo alcuni modelli guida. La selezione fra parenti, ovvero l’altruismo fra congiunti, funziona bene ma non spiega l’aiuto agli estranei. La selezione di gruppo, cioè l’altruismo all’interno del proprio gruppo a discapito di altri, non spiega l’aiuto verso chi non fa parte del gruppo. L’altruismo reciproco («Mi gratti la schiena, ti gratto la tua») funziona in linea di principio ma in natura è raro. Nessuno di questi modelli basterà a spiegare da solo la prosocialità umana, che implica l’aiuto agli estranei.

GLI UMANI ESERCITANO un controllo sociale che conferisce uno status elevato a chi è disponibile e affidabile e uno status pessimo a imbroglioni ostili. Come si fa però a sapere se un estraneo è affidabile? Si usa il linguaggio: con esso si può scoprire, tramite le conoscenze reciproche, se altri possono garantire per persone che loro conoscono ma noi no. Questo tipo di informazione sociale – fondamentalmente, il pettegolezzo – è molto prezioso.
Senza linguaggio, sarebbe invece difficile provvedere queste informazioni dettagliate. Ci troviamo pertanto in una situazione aporetica: la prosocialità è un prerequisito necessario per il linguaggio, ma il linguaggio è un prerequisito necessario per la prosocialità.

* (traduzione di Antonio Caridi)

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SCHEDA. Circa duecento appuntamenti intorno alla «parola»

Da domani a domenica 17 a Modena, Carpi e Sassuolo il Festivalfilosofia proporrà circa duecento appuntamenti (tutti a partecipazione gratuita) fra lezioni magistrali, mostre e spettacoli. Oltre cinquanta filosofe e filosofi approfondiranno la centralità del linguaggio e della lingua in un’epoca dominata dalla comunicazione, ma in cui la parola e il discorso pubblico risultano indeboliti. Dedicato alla «parola», il Festivalfilosofia, nella sua 23/a edizione, indagherà i punti critici della comunicazione politica contemporanea. Nel campo delle relazioni sociali porterà alla luce quanto la parola debba essere curata per evitare il degrado dei rapporti tra le persone, come nei casi dei linguaggi d’odio e delle problematiche di genere.
Tra i protagonisti ricorrenti della rassegna si ricordano Enzo Bianchi, Massimo Cacciari e Barbara Carnevali (entrambi componenti del Comitato scientifico del festival), Donatella Di Cesare, Roberto Esposito, Maurizio Ferraris (sua la lectio «Confindustria Emilia Area Centro»), Umberto Galimberti, Natalino Irti, Michela Marzano, Stefano Massini, Salvatore Natoli, Massimo Recalcati (lectio «Bper Banca»). Parteciperanno al festival Paolo Virno (lectio «Avere o essere? Il linguaggio come possesso e non identità», sabato 16 alle 15, a Carpi in Piazzale Re Astolfo), Claudia Bianchi, Alex De Voogt, Silvia Ferrara, Tim Ingold, Sverker Johansson, David Le Breton, Franco Lo Piparo, Eva Meijer (lectio «Gruppo Hera»), Cecilia Robustelli (lectio «Coop Alleanza 3.0»), Gisèle Sapiro, Françoise Waquet, Maryanne Wolf.
Il programma propone anche la sezione «la lezione dei classici»: studiose e studiosi commenteranno i testi che, nella storia del pensiero occidentale, hanno costituito modelli o svolte concettuali rilevanti per il tema della parola. Per il pubblico del web, alle ore 18 di ciascun giorno sarà trasmessa in diretta una lezione sui canali del festival.

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