Libellule nella rete, esordio di Loretta B. Angiori, edito da Zona 42, (pp. 323, euro 15.90) è un romanzo che coniuga fantascienza e informatica raccontando una vicenda ambientata in un’epoca storica successiva alla nostra, ma non specificata, in cui i veri protagonisti sono i dati personali e il loro ruolo in un mondo che è una possibile proiezione nel futuro di quello attuale.
La crisi economica e quella climatica che minacciano il nostro presente, nel tempo descritto da Angiori sono già avvenute e l’umanità è riuscita anche a riassestarsi in un sistema in cui: «tutti sapevano di dover evitare l’accumulo». Nella realtà del romanzo non è il consumismo a dettare le regole, ci sono pochi negozi, è sopravvissuto soltanto un certo artigianato che potrebbe essere accostato all’arte povera e le persone vivono un’esistenza dominata dalla tecnologia. I dispositivi mobili sono, come in effetti già avviene, delle protesi necessarie a qualsiasi attività lavorativa e sociale nonché degli strumenti di controllo.

I DATI PERSONALI nel mondo descritto da Angiori vengono utilizzati dal sistema per dare valutazioni e quindi influenzano non solo la carriera, ma la vita e l’autostima di tutte e tutti.
Il romanzo si struttura su due linee narrative che si alternano fino a incontrarsi nella seconda metà della storia: le protagoniste sono Rei, una giovane donna che vive in un’unità abitativa decisamente piccola, come lo sono attualmente i monolocali di varie capitali e città europee. Oltre a un credito di base, quello che potremmo definire un salario minimo, Rei lavora e quindi accumula guadagni extra scrivendo di riciclo. I soldi non esistono più, ma con la sua collaborazione può garantirsi servizi che acquista rigorosamente sul suo dispositivo. Per aiutare un’amica, Rei si offre di scoprire come funzioni la Sight Holding, un’azienda che sembra garantire «sessioni di supporto emotivo» senza che il sistema ne venga a conoscenza.

La seconda costola narrativa racconta di Chiara: qui la narrazione è in prima persona ed è ambientata in un paese, la Piana di Urlele, che potrebbe essere descritto come una comunità di saggi e sagge, composta da circa duecento persone che condividono, attraverso la costituzione di una cooperativa, i dati personali e ne hanno un controllo maggiore rispetto a chi sta fuori. A Piana di Urlele le attività principali sono due: l’agricoltura e la progettazione, nonché la convivenza coi Mer, intelligenze artificiali che: «hanno imparato un linguaggio a noi alieno e vivono una vita autonoma dagli abitanti».

ANGIORI RACCONTA l’avventura che condurrà Rei e Chiara a incontrarsi: nella sua indagine sulla Sight Holding, Rei verrà coinvolta in una catastrofe, vale a dire un’emersione di dati che avrebbero dovuto rimanere nascosti e che invece dilagano, nel romanzo viene utilizzata proprio l’immagine di un «bacino idrico» che crolla, dolosamente, riversando informazioni personali nelle cloud degli utenti accessibili a chi controlla il sistema.
Libellule nella rete, forte di una conoscenza informatica esorbitante, racconta del nostro presente a partire da un punto di vista consapevole: quello che Angiori immagina dell’utilizzo e dello sfruttamento dei dati personali è una realtà già in atto e lo scenario futuro che decide di tratteggiare, seppure di primo impatto possa apparire distopico, quindi lontano, è al contrario una rappresentazione romanzata di compromessi che stiamo tutte e tutti già facendo, condividendo in rete desideri, opinioni, relazioni e ambizioni di carriera.