#IosonoAlmaviva, il tweet bombing per salvare le cuffiette
Call center Al via la trattativa, 1700 operatori a rischio. Azienda e sindacati lavorano per abbassare il costo della commessa Wind: si andranno a intaccare paghe già magre o c'è un margine per intervenire sulla flessibilità?
Call center Al via la trattativa, 1700 operatori a rischio. Azienda e sindacati lavorano per abbassare il costo della commessa Wind: si andranno a intaccare paghe già magre o c'è un margine per intervenire sulla flessibilità?
Un tweet bombing, una mobilitazione on line per non far scemare l’attenzione dell’opinione pubblica. Anche ieri è stata una giornata di passione per i dipendenti del maggior gruppo di call center italiano, che tentano di salvare i 1700 posti a rischio, quelli legati alla commessa Wind. Commessa che è stata già assegnata all’azienda, ma che quest’ultima ha accettato «con riserva», volendo appurare con i sindacati se sia possibile concordare insieme il 14% di ribasso richiesto dalla compagnia telefonica. Ieri si è aperta la trattativa, che proseguirà anche oggi.
I lavoratori a rischio sono soprattutto quelli siciliani, distribuiti tra i call center di Palermo e Catania: e infatti ieri è arrivata la solidarietà del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che si è fatto fotografare con due operatrici e l’assessora al Lavoro e alle Attività produttive Giovanna Marano. Numerosi anche i parlamentari solidali: Erasmo Palazzotto (Sel), Giancarlo Cancelleri (M5S), Giorgia Meloni (Fdi). E poi sono arrivati i tweet di personaggi tv come Red Ronnie, Caterina Balivo, Ficarra e Picone, tutti con il cartello di ordinanza: #ioSonoalmaViva.
«Siamo soddisfatti della campagna – sintetizza Alice Violante, delegata Uilcom per i cocopro di Palermo – Il tweet ha occupato per ore il primo posto del trend Politica, mentre al secondo si piazzava #NoRicatti, sempre dedicato alla vertenza». Successo sui social, e bene è andato anche il flash mob della settimana scorsa a Palermo. Adesso gli operatori confidano nel negoziato di Roma.
Quasi tutte le cuffiette coinvolte lavorano in Sicilia, e sono ben 1700 a rischiare il posto: oltre 1000 a Palermo, 200 circa a Catania, mentre altri 200 si trovano a Milano. Ci sono poi 200 lavoratori a progetto. Si sta lavorando per salvare l’occupazione: perché altrimenti sarebbe un colpo durissimo, non solo per i territori interessati (già avari di occasioni di impiego), ma anche per Almaviva, che proprio in Sicilia dà lavoro alla maggioranza dei suoi operatori di call center (6 mila sui quasi 10 mila italiani: 4500 a Palermo e 1500 a Catania).
Poco è filtrato dalla trattativa, ma pare che i sindacati siano decisi a mantenere una linea: non si devono toccare istituti primari come il contratto nazionale, anche perché diminuire le paghe per questi lavoratori è impossibile, in quanto già privi di integrativi e spesso in part time. Inoltre, se si andasse in deroga al contratto, l’impatto simbolico sarebbe molto forte, anche sugli altri settori.
Si lavorerà quindi, molto probabilmente, sulla flessibilità dei turni e degli orari, per aumentare la produttività, e forse si penserà a rinnovare la solidarietà (in scadenza a maggio, oggi pari al 20% del personale): si può ipotizzare che venga accentuata e resa più «flexi» (ad esempio riducendo la revoca da parte dell’azienda, cioè la possibilità di richiamare la cuffietta in postazione, da 48 a 24 ore).
Restano aperti i problemi posti da sindacati e imprese al governo: innanzitutto fermare le delocalizzazioni, che permettono di fare dumping e distruggono posti in Italia (Almaviva ad esempio ha scelto di non delocalizzare). Ancora: si deve impedire il massimo ribasso negli appalti (soprattutto quelli della pubblica amministrazione) e garantire una clausola sociale nel passaggio delle commesse (così come avviene per le imprese di pulizie o nella ristorazione).
Ulteriore richiesta: fare in modo che tutti i soggetti applichino la normativa Ue sulla privacy, recepita dall’Italia ma spesso disattesa (l’operatore dovrebbe avvisare il cliente che sta parlando dall’estero e lasciare che scelga di continuare o di rivolgersi a un assistente in Italia). Infine, creano parecchie tensioni gli incentivi introdotti dalla legge di stabilità: abbassando il costo del dipendente fino a 8 mila euro l’anno, permettono a tante imprese di soffiare le commesse a quelle già affermate, che così rischiano di dover aprire procedure di mobilità per i propri addetti assunti negli anni precedenti, e divenuti nel confronto più onerosi.
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