ExtraTerrestre

Investimenti a zero per le ferrovie più utili

Il fatto della settimana Dall’anno 2000, oltre 1600 km di linee non sono più in funzione: sono stati cancellati 1.332 chilometri di percorso e 472 stazioni, il servizio è stato sospeso in altri 356 chilometri

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 7 febbraio 2019

La stazione ferroviaria di Saluzzo, in provincia di Cuneo, è rinata il 7 gennaio scorso. Quel lunedì è arrivato alle 6.22 il primo treno dopo sei anni: partiva da Savigliano (Cn), a meno di quindici chilometri di distanza. L’ex «ramo secco» è stato riattivato, con 16 collegamenti tra il lunedì e il venerdì, negli orari utili ai pendolari: da Savigliano poi in meno di tre quarti d’ora si arriva a Torino Porta Nuova; il viaggio da Saluzzo al centro di Torino, così, dura circa un’ora, lo stesso tempo che ci mette chi raggiunge il capoluogo piemontese in auto.

«CON LA SALUZZO-SAVIGLIANO RIAPRE LA PRIMA delle 14 linee chiuse dalla precedente amministrazione (quella leghista di Cota, ndr) dopo un processo lungo e complesso» ha detto l’assessore regionale ai Trasporti, Francesco Balocco. Rete Ferroviaria Italiana ha investito appena 240mila euro per adeguare la stazione, mettere in sicurezza il fabbricato viaggiatori, prolungare il marciapiede dei binari 2 e 3, installare un nuovo impianto di illuminazione con tecnologia led, rinnovare il terzo binario e gli scambi: sono «piccole opere utili», contrapposte alle «grandi opere inutili (e costose)» cui ci ha abituato il gigantismo del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (un esempio? Almeno 200 milioni di euro già spesi per il tunnel Av sotto Firenze, un progetto oggi in stallo come la nuova stazione firmata dall’archistar Norman Foster).

Con appena 240mila euro, invece, a gennaio 2019 tra Savigliano e Saluzzo si offrono ogni giorno 2mila posti a sedere. Ne servono di più, almeno 8 milioni, per il ripristino del collegamento soppresso tra Casale Monferrato (AL) e Mortara (PV), che sarà operativo nella primavera del 2019. I lavori sui 28 chilometri sono iniziati a novembre 2018. In particolare, verrà potenziata la sicurezza di marcia.

LA CASALE-MORTARA COLLEGA DUE REGIONI, Piemonte e Lombardia. E aiuta a capire che per chi viaggia su tratte «secondarie» si potrebbe far di più, come spiega Legambiente nel dossier «SOS pendolari» di dicembre 2018. Nel documento – che anticipa il rapporto «Pendolaria», presentato il 30 gennaio – si pone l’accento sui mancati investimenti che riguardano la tratta tra Milano e Casale Monferrato, e un bacino d’utenza di almeno 120mila persone. Il treno che esce dal capoluogo lombardo attraversa il Parco agricolo Sud Milano, quello del Ticino, passa per la Lomellina e arriva nel Monferrato casalese. Fa tappa ad Albairate, Abbiategrasso, Vigevano e Mortara.

PER RENDERE EFFICIENTE IL SERVIZIO servirebbe un raddoppio del binario tra Albairate e Mortara, per circa 26 chilometri. Oggi da Milano verso Abbiategrasso e Vigevano si viaggia con la linea S Saronno-Albairate. La linea percorre circa 15 km a doppio binario fuori Milano, poi fa capolinea nelle campagne di Albairate: i treni S non proseguono perché la linea diventa a singolo binario. Con soli 3 chilometri si arriverebbe ad Abbiategrasso e con altri 12 chilometri a Vigevano.

I COMITATI PENDOLARI DELLA ZONA reclamano da anni il raddoppio, poi basterebbe altri 10 chilometri poi per arrivare a Mortara, nodo merci e centro nevralgico del trasporto locale lomellino-vercellese. Secondo Legambiente quest’opera «permetterebbe di ripristinare il collegamento con Casale Monferrato, che da alcuni anni è diventata irraggiungibile via ferro da Milano a causa della soppressione della linea lato piemontese». Servono 390 milioni di euro. Ce ne sono sette. Ma la Regione – sottolinea Legambiente – «sta spingendo per la realizzazione della superstrada Vigevano-Magenta», una grande opera inutile che cancellerebbe ettari di terreni agricoli all’interno del Parco del Ticino.

IL RADDOPPIO DELLA ALBAIRATE-MORTARA è una delle 26 opere «PPP» (prioritarie per i pendolari) individuate da Legambiente, interventi che interessano un bacino di oltre 12 milioni di persone, e per le quali mancano risorse: su un investimento stimato in 14,8 miliardi di euro, ce ne sono a disposizione appena quattro.

L’associazione denuncia: «Senza un cambio delle priorità questi interventi non si realizzeranno mai perché nei prossimi anni le risorse andranno a realizzare le solite grandi opere, in particolare autostrade, come è sempre stato in questi anni. Lo raccontano i dati del ministero delle Infrastrutture: dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato infatti per il 60% gli investimenti in strade e autostrade». Nella scorsa legislatura sono stati realizzati 3.900 chilometri tra strade provinciali, regionali e nazionali, 217 chilometri di autostrade, 62,6 chilometri di linee ferroviarie ad Alta Velocità, 58,6 chilometri di metropolitane e 34,5 chilometri di tramvie. Intanto, venivano sospese e cancellate linee ferroviarie per 205 chilometri.

L’OPINIONE PUBBLICA E I MEDIA, così suscettibili sulla Torino-Lione, e in alcuni casi incapaci di capire le ragioni dei «No Tav» della Valsusa, dovrebbero chiedersi perché il treno (più) veloce tra Reggio Calabria e Taranto oggi impieghi 6 ore e 35 minuti, lungo la linea Jonica (la risposta? Si tratta di 472 chilometri a binario unico, elettrificata solo da Taranto a Sibari, in provincia di Cosenza). O, anche, perché non si riescano a completare gli ultimi 10 chilometri che chiuderebbe l’Anello ferroviario intorno a Roma, tra le stazioni Vigna Clara e Nomentana. Opera fondamentale per creare una serie di linee suburbane passanti. Costerebbe mezzo miliardo di euro. Di cui non c’è traccia.

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