Scuola

Invalsi, il test nelle scuole che vale solo per il governo

Invalsi, il test nelle scuole che vale solo per il governo – LaPresse

Istruzione Valditara illustra i dati e festeggia. Ma rispetto al pre Covid solo un lieve miglioramento

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 12 luglio 2024

I dati Invalsi sono funzionali ad ogni governo. Si possono leggere in modi diversi e i ministri dell’Istruzione di solito se ne giovano per confermare il successo del proprio operato sulla scuola. Non fa eccezione Valditara.

Nella conferenza di presentazione di ieri, il ministro dell’Istruzione (e merito) ha interpretato il rapporto nazionale 2024 come la conferma del successo delle sue misure.

Persino il peggioramento dei dati sul Nord Italia sulla conoscenza della lingua italiana è stato usato dal leghista per insistere sulle lezioni differenziali per gli studenti con background migratorio.

«Il peggioramento della conoscenza dell’italiano nelle scuole del Centro-Nord risente il peso e l’incidenza degli stranieri di prima generazione che non hanno un’adeguata conoscenza della lingua italiana», ha detto il ministro. «L’Invalsi è stato fatto proprio con lo scopo di poter essere tirato da tutte le parti», commenta Albero Baccini, ordinario di economia politica all’Università di Siena e tra i fondatori di Roars – Return on academic research and school.

I DATI, RILEVATI ATTRAVERSO prove che hanno visto il coinvolgimento di 2 milioni e 400 mila alunne e alunni, dalla primaria alla secondaria di secondo grado, di cui il ministro e tutta la destra si sono vantati, fotografa in realtà una situazione leggermente migliore di quella pandemica ma ancora non in ripresa.

I lievi miglioramenti rilevati rispetto al 2023 sono circoscritti a specifici settori, come quello della lingua inglese, ma confermano il gap del Mezzogiorno, soprattutto sulla matematica, ed evidenziano anche un progressivo peggioramento nel Centro-Nord. I valori della dispersione scolastica, anche se in progressiva diminuzione, sono ancora alti e si attestano nel 2024 al 10,5%.

La cosiddetta dispersione implicita, che si riferisce agli studenti che in tutte le prove hanno conseguito un risultato molto basso, nel 2024 è del 6,6% (quasi un punto e mezzo in meno sul 2023) è anch’essa un dato interpretabile perché, come segnala la Cgil, «nulla dice di quel 10,8% dei ragazzi che negli ultimi 5 anni, dal 2018 al 2023, ha subito un ritardo a causa della ripetizione di almeno una classe».

ANCHE L’AUMENTO dei cosiddetti studenti accademicamente eccellenti, dal 13,3% nel 2023 al 15,1% di quest’anno, può essere letto come positivo o come una «maggiore polarizzazione tra chi consegue pienamente il successo scolastico e chi rimane indietro», segnala il sindacato.

«I fenomeni sociali hanno dinamiche lente – spiega Giuseppe De Nicolao, di Roars, professore di Identificazione dei Modelli e Analisi dei Dati all’Università di Pavia – è ridicolo e sconfortante che un governo si attribuisca dei meriti per dei dati che cambiano da un anno all’altro, vuol dire che non c’è consapevolezza dei fenomeni educativi da parte di chi sta al vertice. Anche gli scarti sono legati a fenomeni statistici. Se i test sono ripetuti ogni anno diranno sempre la stessa cosa, come i sondaggi elettorali settimanali o come l’oroscopo».

Per gli accademici di Roars uno dei problemi di questa rilevazione è che non sia effettuata su basi campionarie, ma sia censuraria. «Questi approcci numerici al mondo dell’istruzione e dell’università servono a ridurre fenomeni complessi come l’apprendimento e i divari sociali a classifiche, nel loro intento dovevano misurare qualcosa ma poi sono diventati obiettivi per sé e i ministri ed esponenti politici si focalizzano su quello che fa salire in classifica non quello che fa migliorare il progresso della scienza», dice ancora De Nicolao.

NON GIOVANO neanche i metodi di misurazione usati da Invalsi perché, denunciano diversi docenti, non sono trasparenti, né replicabili, né contestabili dal resto della comunità scientifica.

«Ammesso che abbiano qualche valore informativo per i divari sociali geografici – spiegano da Roars – si tratta comunque di una visione molto impoverita che consegna un quadro inquietante in cui scatta l’elemento incentivazione per i finanziamenti. L’insegnante viene quindi valutato per quanto migliora la classifica e rinuncia ad attenzioni sugli studenti per concentrare tutti i suoi sforzi per i test».

Discussa anche l’etichetta di studente fragile che l’Invalsi affibbia agli studenti senza possibilità di replica e che entra nei curricola. «Nel documento del 2008 di istituzione dell’Invalsi redatto per la ministra Gelmini era chiaramente evidenziato che il suo scopo era selezionare coloro che meritavano l’università di serie A», ha ricordato Baccini.

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