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Inutile piangere su granchi versati che diventano blu

Inutile piangere su granchi versati che diventano blu

Extraterrestre Ho passato l’estate a Pellestrina, un’ isola della Laguna di Venezia rivolta da un lato verso le valli da pesca dall’altro verso l’Adriatico. L’argomento ricorrente delle ciaccole da spiaggia è […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

Ho passato l’estate a Pellestrina, un’ isola della Laguna di Venezia rivolta da un lato verso le valli da pesca dall’altro verso l’Adriatico. L’argomento ricorrente delle ciaccole da spiaggia è stato l’invasione del granchio blu (Callinectes sapidus), un crostaceo onnivoro e aggressivo che sta infestando le spiagge dell’Adriatico, a differenza dell’innocuo granchio comune (Carcinus aestuari), che raggiunge al massimo 6,5 cm, e del timido granciporro (Cancer pagurus) che può raggiungere dimensioni considerevoli, ma se ne sta nascosto tra le rocce e preferisce cacciare di notte. Il granchio blu è originario delle coste atlantiche dei due continenti americani, dove occupa un areale che va dal Canada all’Argentina, ma non ha passato da solo lo stretto di Gibilterra; è arrivato con le acque di zavorra delle grandi navi.

È improprio, quindi, definirlo invasivo perché non è per sua volontà che ha raggiunto il Mediterraneo. Comunque, si è trovato proprio a suo agio; sgranocchia vongole come fossero patatine e rompe le reti dei pescatori per raggiungere le canocchie (Squilla mantis). I giornali parlano di devastazione e i pescatori sono allarmati, ma quello che raramente viene raccontato è che l’avvistamento dei primi esemplari di granchio blu è avvenuto una ventina di anni fa e che, anche se il sue caratteristiche di voracità e straordinaria fecondità – una femmina arriva a deporre 8 milioni di uova nella stagione riproduttiva- erano conosciute, non si è fatto nulla per fermare la diffusione di questa specie. Eppure esiste una legge comunitaria a tal proposito e l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel gennaio di quest’anno perché non ha attuato le disposizioni del regolamento 1143/2014 per prevenire l’introduzione e la diffusione delle specie aliene. Forse il procedimento non riguardava esattamente la negligenza nel controllo del granchio, ma qualunque sia la specie invasiva l’atteggiamento è sempre lo stesso: si correre ai ripari quando è troppo tardi.

Per rabbonire i pescatori e gli allevatori di vongole il governo è intervenuto d’urgenza prima della breve pausa estiva inserendo nel Decreto legge Omnibus un articolo col quale si autorizza la spesa di 2,9 milioni di euro per l’anno 2023 a favore dei consorzi e delle imprese di acquacoltura e della pesca che provvedono alla cattura e allo smaltimento del granchio blu. Per la verità «smaltimento» suona male dal momento che la sua polpa è commestibile e utilizzata da tempo a scopo alimentare nei paesi di origine. Una start-up riminese, la Mariscadoras S.r.l., fondata da cinque giovani donne, ha iniziato già due anni fa ad acquistare i granchi dai pescatori per estrarne la polpa che viene consumata in Italia o rispedita in America.

Nei ristoranti della costa, tuttavia, la pasta al granchio blu è comparsa solo questa estate tra le curiosità gastronomiche per turisti e ho osservato che il «granchio nuotatore» era presente anche al mercato del pesce di Chioggia.

Ce ne faremo una ragione? Sarà il nuovo business della pesca, sofferente per la scomparsa delle specie autoctone? Sono sicura che in Italia non mancano gli esperti che avrebbero potuto evitare questa catastrofe ecologica. Forse il pubblico dovrebbe preoccuparsi un po’ di più della perdita di biodiversità dei mari invece di rincorrere le novità gastronomiche. Soprattutto, dovrebbe fare pressione su chi ci amministra perché si avvalga dell’aiuto degli esperti per affrontare i problemi a tempo debito.

* docente di ecologia all’Università di Milano

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