Visioni

Interno londinese di una generazione

Interno londinese di una generazione

Al cinema «The Party» di Sally Potter, una commedia da camera tra pubblico e privato, sentimenti, politica e le scelte del tempo presente

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 8 febbraio 2018

Il bianco e nero dichiara l’atmosfera surreale: siamo a una festa per la nomina di Janet a nuovo ministro della salute nel governo ombra laburista. Ci sono pochi amici, quelli di sempre, e un giovane intruso, il marito bello della sua assistente personale che è rimasta a casa, arriverà più tardi spiega laconico lui, forse al dolce o al formaggio chissà. Ciò che capiamo subito è che le chiacchiere e i sorrisi celano a fatica, quasi per niente, i molti non detti, le esitazioni, gli stati d’animo dei personaggi: ciascuno ha i suoi segreti, le sue ipocrisie, i tradimenti sentimentali o verso ciò in cui aveva creduto, le paure della vita che scorre e che impietrisce donne e uomini di questa commedia.

 

 

The Party è il nuovo film di Sally Potter, la regista inglese (Orlando, Lezioni di tango) per questa sua piéce da cinema ha scelto un gruppo di attori importanti, da Kristin Scott Thomas a Bruno Ganz, al Turner di Mike Leigh Timothy Spell, poi Cillian Murphy, Cherry Jones e Emily Mortimer, facendo affidamento sulla loro capacità di fronteggiare il gioco «teatrale» della macchina da presa in un testo punteggiato da battute cattive e anche da diversi passaggi spuntati.

 

 

C’è la coppia lesbica femminista (e shabby chic) con la più matura messa in crisi dall’annuncio dell’arrivo di tre gemelli, c’è il marito di Janet , silenzioso professore universitario il cui universo razionalista traballa di fronte a una terribile scoperta. La migliore amica di Janet, April, è cinica, ha smesso di credere nel confronto parlamentare e non sopporta il marito tardo hippie. Mentre il consorte di quella che si rivelerà la causa della tempesta che sconvolge tutti, si fa in bagno strisce di coca a ripetizione.

 

 

Polanski lo aveva fatto in Carnage, quartetto di voci in una stanza che in un crescendo si massacravano (verbalmente) fino allo stordimento. Potter non ha quella capacità di rendere le parole immagini (e viceversa), si affida più al testo, e soprattutto rende il confronto sul «privato», l’intimità di corna e gelosie pregresse, una sorta di resa dei conti della politica e del suo linguaggio, delle relazioni tra uomo e donna e tra donna e donna.
«La solidarietà femminile è un concetto molto invecchiato» chiosa a un certo punto il personaggio di April. E nella progressione delle scoperte – e delle brutte sorprese – interroga anche le convinzioni politiche che vacillano, come accade alla protagonista, militante, femminista che alla causa del partito – «The Party», stessa parola – ha dedicato lealmente ogni sua energia.
In quell’elegante interno londinese, Potter prova a illuminare contraddizioni e limiti di una generazione – che è un po’ la sua – e di una classe sociale democratica e intellettuale messa in crisi dai tempi presenti, fino appunto a

 

esplodere, non riuscendo a opporre argomenti.
Il rito si compie, come una danza perfettamente circolare (raffinatissimo il brano alla fine di Carlos Paredes Os Verdes Anos colonna sonora dell’omonimo film di Paulo Rocha). Un «passo falso» in più avrebbe però reso tutto migliore.

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