Nordio mollato a metà da FdI, preso di mira dalla Lega, tenta il contrattacco: «Non ho mai minimamente pensato a dimettermi. Con la premier siamo in perfetta sintonia e le critiche, soprattutto quelle scomposte ed eccentriche, sono uno stimolo a proseguire». A stringere l’assedio intorno al ministero di via Arenula era stata ieri una Lega martellante. Parte Salvini, rispondendo al sottosegretario alla Giustizia Andrea Del Mastro delle Vedove che aveva annunciato parlato di una stretta non sulle intercettazioni ma sulla pubblicazione delle stesse, o almeno di quelle considerate «irrilevanti». Salvini stempera: «Spero che sia finito il tempo dei contrasti tra politica e magistratura. La politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa». E il Guardasigilli? «Nordio pone l’accento su alcuni abusi ma l’importante è che non ci siano polemiche con l’intera magistratura che ha al lavoro persone per bene».

Il capo si tiene sulle generali, senza affondare sul tema specifico delle intercettazioni diffuse a mezzo media. Ci pensa un altro leghista, direttamente coinvolto in quanto anche lui sottosegretario, Andrea Ostellari: «La democrazia si misura dalla libertà della stampa di pubblicare notizie e opinioni scomode. Non può esistere diritto alla gogna ma la soluzione va trovata senza bavaglio». Quando alle intercettazioni in sé, il leghista non lascia spiragli alla riforma di Nordio. Bisogna «assicurare alla magistratura tutti gli strumenti utili a svolgere con efficacia la sua funzione».

Il bello è che Del Mastro, uomo di assoluta fiducia della premier, non è affatto un falco e con le sue dichiarazioni bersagliate dal Carroccio mirava a neutralizzare Nordio. Il Guardasigilli, in questo momento, è considerato da Chigi una specie di mina vagante, pericoloso per le dichiarazioni inopportune quasi più che per i progetti che in ogni caso sarebbero bloccati dalla presidente. Solo che non lo si può smentire seccamente, come se nulla fosse, anche perché FI sta ancora dalla sua parte. La mediazione è proprio quella ventilata dal sottosegretario tricolore: mano di fatto libera alla magistratura sulle intercettazioni ma irrigidimento drastico sulla pubblicazione degli «stralci non pertinenti» che Del Mastro vorrebbe diventasse «illecito civile».

Alla Lega la mediazione, che di fatto è una sconfessione piena di Nordio e che peraltro è al momento solo vagheggiata perché di concreto non c’è nulla, non basta per due ordini di motivi. Il primo, fortemente potenziato dall’arresto di Messina Denaro, è la sensazione, probabilmente fondata, che l’elettorato di destra, quello che sarà chiamato tra poche settimane alle urne in Lombardia e nel Lazio, si sia irrigidito su posizioni “legge e ordine” mai abbandonate sul fronte dell’ordine pubblico ma almeno affievolitesi, nell’era Berlusconi, su quello del rapporto con la magistratura. Insomma, Salvini e Meloni si stanno ora giocando il consenso degli elettori soprattutto lombardi puntando sulle posizioni ultra legalitarie.

Ma a spingere Salvini sono anche considerazioni tutte interne ai rapporti di forza nella maggioranza. Nordio è in questo momento debolissimo. Per quanto lo sconfessi discretamente grazie all’azione di Del Mastro, la premier non può però mollare del tutto l’ex magistrato. Per il leghista in immensa difficoltà bersagliare il ministro della Giustizia e se possibile ottenerne la testa è dunque un modo indiretto ma micidiale per colpire la potente alleata-rivale.

È però evidente che la fase contingente incide a fondo ma forse in modo effimero. Le ricadute al momento potenti dell’arresto eccellentissimo inevitabilmente si affievoliranno nel giro di qualche settimana e la necessità di attrarre l’elettorato legalitario perderà parte del suo magnetismo dopo le elezioni. A quel punto la tentazione di una stretta, almeno per i reati che toccano più da vicino le aree di potere, potrebbe rispuntare.