Alias Domenica

Interazione poetica con Le Corbusier

Interazione poetica con Le Corbusier

Rafael Moneo, "Ronchamp", Electa La monografia dell'architetto spagnolo sulla cappella di Notre-Dame-du-Haut, il tardo capolavoro del maestro del Movimento Moderno

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 19 novembre 2023

Tra i disegni del decano dell’architettura spagnola Rafael Moneo, divulgati in modo sparso, vi è uno schizzo del settembre 2022, realizzato all’indomani dell’inaugurazione della nuova (e assai monumentale) cattedrale cattolica di Los Angeles da lui progettata.

Di questa veloce veduta prospettica dell’abside, che sembrerebbe riassumere in un ricordo grafico il senso dell’edificio, è parlante il punto di vista: dal basso, ai piedi della scalinata che conduce al podio su cui si alza la chiesa, e disassato, per sottolineare l’angolo tagliente delle pareti e lo spiovente ombroso della copertura che ne aggetta.

A chi sia familiare con i capisaldi dell’architettura del Novecento, risulta evidente l’allusione a uno dei suoi monumenti più iconici, tanto spesso ripreso in foto che ne accentuano la monumentalità – nonostante la scala assai più modesta che a Our Lady of Angels – sfruttandone la posizione, in cima a una collina, e la potente soluzione d’angolo, che dà massima evidenza al suo tetto scultoreo: la cappella di Notre-Dame-du-Haut a Ronchamp costruita su progetto, controllatissimo, di Le Corbusier tra 1953 e 1955.

Che la chiesa disegnata da Moneo per la diocesi losangelina fosse direttamente ispirata da questo arcinoto, tardo capolavoro di un maestro del Movimento Moderno non è un mistero, d’altronde: lo ha dichiarato a più riprese lo stesso architetto. E proprio le riflessioni da lui elaborate su quel modello nelle diverse fasi progettuali hanno ispirato l’agile monografia ora edita da Electa – Ronchamp (pp. 78, euro 18,00) – che ne traduce la prima versione in spagnolo, Sobre Ronchamp, del 2022.

Dunque, è bene averlo presente, questo testo esprime il punto di vista di chi vuole ingaggiare un confronto serrato con quel pezzo di architettura ormai consegnato alla storia, e con esso ricerca un’interazione di tipo poetico. Ma ciò non significa che Moneo – da didatta di talento e architetto dal caratteristico sguardo storico, che si è spesso esercitato nel commento critico dell’architettura contemporanea come di quella passata – non mostri sensibilità filologica nella sua analisi. Tutt’altro.

In particolare, il ricorso attento alle fonti grafiche, sebbene non sempre illustrate, e agli scritti corbuseriani permettono di collocare con esattezza l’opera entro la parabola creativa e biografica dell’architetto franco-svizzero: per esempio, osservando il distanziamento dalla stagione purista della collaborazione con Ozenfant, e piuttosto interpretando Ronchamp come dimostrazione a scala architettonica dei nuovi interessi di Le Corbusier scultore, cioè del plasticismo organico che matura negli anni del secondo conflitto mondiale – la sua personale risposta «patafisica» agli orrori della guerra – e si esprime al meglio nella collaborazione con l’ebanista Joseph Savina.

Certo, si devono perdonare a Moneo alcune semplificazioni storiche che lo portano, mentre è alla ricerca di una nuova ragione per misurarsi da progettista con l’architettura religiosa, a descriverne una presunta rinascita nel corso del Novecento: nella sua esegesi, una specie di movimento di ritorno rispetto all’involuzione ideologica di quei tipi in «architettura ecclesiastica» nella prima età moderna, che invece con alcuni interpreti del modernismo avrebbe recuperato lo Zeitgeist, il senso di fede collettivamente sentita delle grandi cattedrali gotiche (e sembra di scorgervi l’eco di un influente quanto controverso storico dell’architettura del secolo scorso, Hans Sedlmayr). Ma la narrazione, seppur strumentale, consente di costruire confronti particolarmente illuminanti con esempi di razionalismo – di Rudolph Schwartz o Erik Brygmann – trascurati dalla critica mainstream, e soprattutto con altri progetti ecclesiastici (e non più «religios»”, sottolinea Moneo) di Le Corbusier, di poco successivi a Ronchamp: il convento della Tourette e la parrocchiale di Firminy, interpretati con lucidità nelle loro differenze, non solo formali, ma di vero e proprio intendimento dell’architettura sacra.

Per l’appunto, della concisa monografia colpisce soprattutto la sensibilità spaziale e l’intelligenza dei dispositivi architettonici che – non sorprendentemente, da parte di un maestro della composizione come Moneo – guidano l’estesa analisi formale della sua prima sezione. Analisi che, ordinatamente, inizia dai prospetti, trattati come individualità spaziali di un edificio che «non dà tregua ai nostri occhi»; procede poi con una lettura assai originale della pianta, distinguendo tra diverse tipologie di muratura, classificandole per materia e comportamento spaziale; per l’appunto, si sofferma specialmente sullo spesso muraglione meridionale con le sue bucature strombate che sono «l’episodio di maggior peso nella configurazione dello spazio interno di Ronchamp»; e infine valuta la ragion d’essere della pesante copertura a conca, masso scuro appoggiato sui muri bianchi dall’andamento organico, opportunamente indicata come chiave di lettura della cappella nel suo insieme. Questa progressione dagli esterni all’interno, dal «tutto» al dettaglio, rivela un approccio che intenzionalmente insiste sul dato della percezione: anzitutto nelle parole selezionate da Moneo per restituire la sua personale esperienza del monumento, con una lingua che attribuisce freschezza al testo, redatto in prima persona. In questa modalità di osservazione, riecheggia la stessa teoria corbuseriana dello psicofisiologia: forse, nonostante tutto, la chiave di lettura più pertinente per descrivere a parole lo «spazio ineffabile» di Ronchamp.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento