Una sera vi recate a visitare un vostro amico dentista alla periferia di Firenze. All’arrivo, però, non trovate un asettico studio odontoiatrico, ma una sorta di labirintico antro che tanto ricorda una biblioteca borgesiana colma di documenti, vetrine e reperti sparpagliati in «disordine suggestivo». Voi non vi siete accorti ma, mentre eravate in sella alla vostra moto, siete caduti, come Alice, dentro un anfratto del terreno e ora vi muovete sottoterra, in un territorio alieno, in cui scorgete a malapena le fattezze delle creature minuscole, bizzarre, e misteriose che vi circondano in moltitudini.

PER OPERA di un vero e proprio sciamano avete avuto accesso «all’esistenza ctonia»: pervasi «da un fremito di natura quasi erotica», vi aggirerete per tre ore, tra attrazione e ripulsa, in questo luogo sacro, entrando in intima relazione con «forme da design astratto» e andando incontro, strisciando «nelle pieghe e nelle fessure della terra», a un’autentica metamorfosi, una «trasmutazione alchemica», prima di poter ritornare in superficie, alla cosiddetta “normalità” – anche se ormai non potete più pensare che «le cose del mondo siano in ordine e a portata di mano».

In questa «quiete vibrante», o «terribile grazia», nelle cui voragini «si dispiega un ventaglio d’infiniti mondi possibili», intraprenderete un incredibile «viaggio verso l’indifferenziato». Assisterete allo scorrere di una storia inumana che non ci prevede e che non smette di sfuggirci. Attraverserete un «paesaggio» oltreumano, «tattile e fantasmatico, nascosto alla vista», con un’«umidità prossima al punto di saturazione», in cui non sono previste piante verdi e attività fotosintetica.

Esperirete temporalità altrimenti-che-umane, temporalità che si snodano tra un «infinito presente amniotico», «un tempo senza tempo», che può esaurirsi in un battito d’ali o prolungarsi per milioni d’anni, e il «tempo profondo degli archetipi», fino a imbattervi in esseri che, come preconizzava Nietzsche, possono perfino «invertire la freccia del tempo». Vi stupirete di fronte alla bellezza delle «cose senza scopo» e alla «reticenza materiale del mondo».

APPRENDERETE che si può evolvere «anche verso il meno», che «l’identità è porosa», che «gli esseri viventi sono assemblaggi di organismi», che tutti «siamo un unico flusso indistinto». Scoprirete, insomma, che il «mondo-senza-di-noi» è già qui, è «il rovescio su cui poggiamo i piedi». Così vi apparirà «chiaro quanto la vita non ci appartenga», che «l’uomo non è misura di tutte le cose», che «siamo pezzi intercambiabili nella giostra della vita».
E soprattutto, come d’incanto, comprenderete che le stratificazioni del sottosuolo e quelle della scrittura, «le gracili linee del corpo» e la «ricerca di uno stile», sono strette in un perturbante entanglement. Come lo sono il «codice indecifrabile» di coleotteri, troglobi e specie relitte e il potente racconto intessuto da Tommaso Lisa nel suo Insetti delle tenebre (Exòrma, pp. 234, euro 16.50), fabula speculativa che prova, né più né meno, a narrare l’«inenarrabile».