Con il consueto coraggio, non essendo nuova a operazioni del genere, Viella va controcorrente e, invece di tradurre da lingue estere all’italiano, pubblica una miscellanea in inglese: i curatori sono Irene Bueno, Vincenzo Lavenia, Riccardo Parmeggiani, tre studiosi fra area medievistica e modernistica dell’Università di Bologna, il titolo è Current Trends in the Historiography of Inquisition. Themes and Comparisons (Viella, pp. 412, euro 42). Ovviamente non si tratta di un testo per la fruizione di un pubblico «qualsiasi».

È OPERAZIONE rivolta alle università o comunque a coloro che sono vicini al mondo della ricerca: questo sia per la lingua, sia per il tema, dal momento che difficilmente ci si accosta senza preparazione specifica a un tomo di quattrocento pagine in inglese, per giunta su temi storico-storiografici e non narrativi. La miscellanea include diciotto saggi di studiosi diversi, italiani e non, suddivisi in tre sezioni: «Inquisizioni (al plurale, com’è giusto) nell’Occidente medievale»; «Inquisizioni iberiche in Europa e nel resto del mondo»; «Roma e le Congregazioni della Curia».

Current Trends in the Historiography of Inquisition nasce da una collaborazione continuative fra i tre curatori che, come spiegano nell’introduzione, hanno dato vita nel 2020 al Centro Internazionale di Ricerca sulle Inquisizioni (Inquire), ospitato dal Dipartimento di Storia e Culture dell’Università di Bologna, che riunisce un ampio gruppo di studiosi per costituire un comitato scientifico e una rete di relazioni che si è consolidata rapidamente e nel novembre 2021 ha organizzato un convegno del quale il libro presenta, con alcune aggiunte, gli Atti.

È anche la prima uscita edita da Viella di nuova collana, «Inquire», che si propone dunque come un progetto culturale che certamente contribuirà ad arricchire la conoscenza di questa peculiare forma di giustizia religiosa che ha avuto un impatto così profondo sulla storia, non solo dell’Europa occidentale, ma anche dei territori dominati dall’Iberia.

PROPRIO L’AMPIEZZA degli orizzonti geografici spinge a voler affrontare il tema in chiave ampiamente diacronica (dal Medioevo al XX secolo) e comparativa, con studi critici ed edizioni di fonti, nonché lo sviluppo di un sito web, necessario in un contesto in cui le digital humanities offrono sbocchi anche a settori della ricerca fino a un po’ di tempo fa tagliati fuori dal rinnovamento tecnologico. Per la vastità degli scopi del progetto, oltre che per i meriti della miscellanea appena uscita, l’utilizzo dell’inglese è più che giustificato e permetterà ai curatori di far girare idee e iniziative a livello internazionale.