Mentre la maggioranza, dopo il decreto che commissaria Inps e Inail, già litiga sulla spartizione dei posti finalmente liberati, le opposizioni continuano a protestare contro il blitz. Un commissariamento «immotivato» che «costituisce un pericoloso precedente per la vita e il funzionamento di organi fondamentali dello Stato», attacca l’ex ministra del Lavoro del M5S Nunzia Catalfo.

Duro anche Andrea Orlando (Pd): «Normalmente il commissariamento si applica a situazioni di dissesto o grave crisi finanziaria o organizzativa, stato in cui non versa nessuna delle due strutture. Mi auguro che qualcuno possa spiegare questa scelta».

Anche il presidente uscente Tridico è contrariato: «Il cambiamento della governance con decreto legge, che richiede necessità e urgenza, è un fatto gravissimo», spiega. «Cambiare i vertici alla scadenza è normale, ma questo è uno sgarbo istituzionale forte verso tutto l’Inps». E ancora: «Dietro c’è un intento politico: un attacco all’ente e alla sua autonomia, ma anche al sistema di welfare che esso rappresenta». Un istituto che, ricorda Tridico, «gode di autonomia e indipendenza garantiti per legge e per questo non è sottoposto allo spoils system».

Quanto al futuro, la premier Meloni avrebbe deciso di piazzare all’Inps una figura vicina a Fdi, lasciando alla Lega l’Inail con la nomina dell’attuale segretario generale dell’Ugl Paolo Capone. In pole position per l’istituto previdenziale ci sono Gabriele Fava, giuslavorista ed ex commissario di Alitalia (gradito al ministro Giorgetti), e Concetta Ferrari, segretaria generale del ministero del Lavoro, sponsorizzata dal sottogretario leghista Durigon.

Circola anche il nome di Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, ex sottosegretario al Lavoro del governo Berlusconi del 2001 e un tempo vicino alla Lega.

Calderone però è in difficoltà. Non ha preso parte al consiglio dei ministri di giovedì scorso che ha commissariato i due enti, essendo in missione all’estero. La ministra era contraria alla norma che prevede che sia il cda (su proposta del presidente), e non il ministro del Lavoro come avvenuto fino ad ora, a nominare il direttore generale.

Nei palazzi si sospetta che la decisione sia stata presa proprio mentre Calderone era all’estero proprio per bypassarla. E la sua reazione sarebbe stata furiosa. Lei spingerebbe l’attuale dg Vincenzo Caridi, su cui pesa però lo stretto legame con Tridico. Anche in questo caso, Meloni potrebbe tirare fuori all’ultimo momento un suo nome di sua fiducia: l’ingegnere Giuseppe Nucci (già in Sogin) o il magistrato Mauro Nori, ex dg dell’Inps.

Tra domani e martedì il governo dovrebbe ufficializzare (in ritardo) anche i nuovi vertici di polizia e Guardia di Finanza. Ma anche qui ci sono frizioni, anche dentro Fdi. Il sottogretario Alfredo Mantovano punta sul generale Andrea De Gennaro (fratello di Gianni e attuale numero due delle fiamme gialle), mentre Giorgetti e Crosetto puntano su Umberto Sirico. In polizia Lamberto Giannini (che non era in scadenza) dovrebbe essere sostituito dall’attuale numero due dell’Aisi Vittorio Pisani.