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Ingmar Bergman, il mancato peplum della vita di Gesù

Ingmar Bergman,  il mancato peplum della vita di GesùIl regista Ingmar Bergman

Materiali Pubblicata da il melangolo la sceneggiatura di una serie tv che il regista svedese scrisse per la Rai

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 luglio 2018

Il 2018 è «anno bergmaniano». Ingmar Bergman – morto nel 2007 – avrebbe infatti compiuto 100 anni oggi. I cultori di teatro e cinema di tutto il mondo ne festeggiano perciò la creatività artistica su impulso della Svezia che lo ritiene il suo intellettuale moderno più rappresentativo. Da segnalare in particolare in Italia l’uscita di Il Vangelo secondo Bergman (Il Melangolo, pp. 110, 14 euro, a cura di Pia Campeggiani e Andrea Panzavolta), testo inedito della scenografia commissionata al regista dalla Rai, finita poi dal 1974 in un cassetto per dissensi sul contenuto dell’impostazione bergmaniana.

NELL’AUTOBIOGRAFIA Lanterna magica, è lo stesso regista di Uppsala a raccontare polemicamente il rammarico per non aver potuto girare il film nell’isola di Fårö, dove ha vissuto quattro decenni: «La televisione italiana voleva fare il film sulla vita di Gesù. Risposi con un piano dettagliato sulle ultime quarantotto ore della vita del Salvatore. Ogni episodio era incentrato su uno dei personaggi del dramma… Pagarono generosamente e affidarono l’incarico a Franco Zeffirelli: ne risultò una vita e morte di Gesù come in un bel libro illustrato, una vera e propria biblia pauperum».

NEL DATTILOSCRITTO che accompagna la scenografia, Bergman spiegava il suo punto di partenza: «Per me, Gesù Cristo rimane per sempre l’incontestabile difensore della vita, di tutte le cose viventi, della vita spirituale. Egli appare in un mondo di legge, legalità, vuoto, paura, odio e disperazione mortale. Un mondo che, visto con superficialità, annulla il suo progetto, lo uccide e in pratica annichilisce il suo messaggio… Gesù è un essere umano che parla ad altri esseri umani e che vive e muore nel mondo dell’uomo». Ma è proprio questa lettura «umana» che intimorisce la direzione democristiana della Rai dei primi anni Settanta e censura Bergman a favore di Zeffirelli.

Nel racconto dei Vangeli sugli ultimi giorni della vita di Gesù c’è un gran numero di personaggi che attira l’attenzione di Bergman: «Per quanto diversi possano apparire, questi personaggi hanno un tratto in comune: sono tutti inconsapevoli di stare partecipando a uno dei più terribili drammi dell’umanità. Così come non si rendono conto che questi eventi stanno per intervenire in modo fondamentale sulla loro vita per trasformarla». Annota il regista: Caifa, per esempio, è un uomo d’ordine, ai suoi occhi Gesù si presenta come un pericoloso sovversivo. Prima di entrare in azione lascia che la provocazione di Gesù raggiunga l’apice con la cacciata dei mercanti dal Tempio. È informato di tutto, prevede tutto, sa come muovere le pedine del suo gioco, dai contatti con Giuda a quelli con Pilato. Da vero stratega non perde mai la calma. Ma quando si trova alla presenza di Gesù, durante il processo notturno, la sua ira cresce di minuto in minuto.

CONTINUA BERGMAN: Livia, moglie di Pilato, si crogiola nel benessere tipico di una matrona romana di nobile stirpe. Ha con suo marito rapporti basati sulla cortesia e sulle buone maniere. Entrambi però covano un senso di insoddisfazione acuito dal fatto che non hanno figli. Incapace di assumere una propria iniziativa, Pilato cade nella trappola che Caifa gli ha teso. Livia assiste impotente alla passività con la quale il marito si lascia indurre a fare quello che non vorrebbe fare.

PER IL REGISTA di Uppsala, Giacomo, figlio di Alfeo, è il giovane apostolo al quale Gesù assegna il compito di provvedere al necessario per l’ultima cena. Vorrebbe che la riunione conviviale assumesse un tono di festa. A un certo punto accade qualcosa che suscita in Giacomo sgomento: Gesù spezza il pane e ne dà un poco a ciascuno. Dice che il pane è Gesù stesso e che lo stanno per mangiare in memoria di lui. Poi prende un calice e lo riempie di vino. Beve e chiede a tutti di bere. Dice che il vino è il suo sangue. Finale bergmaniano. Maria, la madre di Gesù, va a Gerusalemme. Raggiunge la collina dove è radunata una folla. Sente colpi di martello. Viene innalzata una croce. Nessun particolare le sfugge. Suo figlio muore dopo aver urlato di essere stato abbandonato. Anche Pilato ha il volto teso per l’emozione.

Ultimi passaggi della scenografia. Maria aiuta coloro che schiodano dalla croce il corpo di Gesù e lo depongono nel sepolcro. Il gruppo che ha compiuto quest’azione pietosa non si scioglie. Al mattino, nella luce del sole, la Maddalena, mentre si reca da sola al sepolcro, incontra Gesù. Lo riconosce e si getta ai suoi piedi.

L’APOSTOLO PIETRO è intanto descritto come uomo forte, intenso, vitale. Si sbilancia giurando fedeltà eterna a Gesù durante l’ultima cena. Reagisce con furore alla cattura di Gesù. Sguaina la spada e mozza un orecchio a una guardia. Poi si fa prendere dal panico. Nel cortile del sommo sacerdote rinnega il maestro senza rendersi conto di quello che fa. Gesù lo guarda con uno strano sorriso sulle labbra. Pietro si allontana e comincia a piangere. Assiste da lontano alla morte di Gesù. Vede il soldato che gli trapassa il costato con una lancia. Dopo aver ascoltato le testimonianze sulla risurrezione del Signore, Pietro spinge gli altri apostoli a partire per recare al mondo la «buona notizia» della resurrezione.

Il film non girato per la Rai da Bergman è un capolavoro mancato.

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