Europa

Infrazioni europee, Italia maglia nera

Infrazioni europee, Italia maglia nera – Augusto Casasoli - A3

Ue Ilva, carceri, rifiuti, quote latte, ma non solo. Tra violazioni del diritto e mancato recepimento delle norme comunitarie, sono 103 le procedure aperte con tanto di multe che pesano sulle casse dello Stato. Lavoro, salute, privilegi, ma è soprattutto sull’ambiente che Bruxelles ci boccia senza appello

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 6 novembre 2013

Oltre la vergogna carceri, la monnezza di Napoli e il cancro Ilva, nel cuore dell’Europa hanno messo l’Italia fuorilegge a tutto campo. Il 26 settembre le procedure di infrazione aperte dall’Unione europea risultavano ben 107 tra violazioni del diritto, mancato recepimento delle direttive comunitarie e non rispetto delle norme di Parlamento e Consiglio. Nell’ultima settimana, sono scese a 103, per la chiusura di quattro procedure ambientali. Ma sta per esserne aperta una nuova a causa della norma che fissa una differenza tra uomini e donne negli di anni di contributi che devono essere versati per ottenere il pensionamento anticipato.

È storicamente consolidata la mungitura illegale nelle stalle tricolori, con lo sforamento miliardario delle quote latte. Le mucche in libertà hanno fatto la fortuna degli allevatori furbi sostenuti da Lega e comitati padani. I ministri (da Luca Zaia a Giancarlo Galan, da Mario Catania a Nunzia De Girolamo) si «dimenticano» di incassare le multe. E Bruxelles, puntualmente, sanziona.

La Regione Veneto spara ad alzo zero sull’Unione: la caccia in deroga perenne non è un comportamento europeo. Le doppiette esplodono di felicità, peccato che a essere impallinate siano le tasche di tutti.
E Taranto vista da rue de la Loi-Wetstraat 170 produce faldoni come in Procura. Il patto d’acciaio con la famiglia Riva non cancella la messa in mora. Per Bruxelles, di inossidabile c’è solo il diritto alla salute: gli standard ambientali dell’Ue bocciano l’Ilva.
Il Quirinale, a intermittenza, si ricorda del Trattato di Roma. L’ultimo risveglio riguarda amnistia e indulto di fronte alla scandalosa situazione delle carceri, eppure allegato allo spot ci sarebbe un dossier che squaderna tutti i «reati» che sporcano fedina penale e credibilità istituzionale dell’Italia in Europa.

I cento passi da fare

Un elenco nel database Eur-Infra disegna la black list. Un dossier pubblico, ufficiale, dettagliato sul tavolo dei ministri italiani e di tutti gli europarlamentari. Radiografa un Paese matricolato ed è l’imbarazzante zavorra per il vicepresidente della commissione Antonio Tajani e per il premier Enrico Letta.
Svetta con 25 infrazioni il ministero dell’ambiente, mentre sono 12 le procedure in corso contro il fisco. Dieci le contestazioni nel settore dei trasporti, una in più del lavoro e dei servizi sociali. Ancora: 7 violazioni nella gestione del sistema degli appalti pubblici, 5 infrazioni per la sanità italiana, 4 per il Viminale e altrettante per gli aiuti di Stato (esclusa Alitalia…) e per la libera circolazione delle persone. Italia 3 volte fuorilegge nei settori strategici di comunicazioni, energia, giustizia e libera circolazione delle merci; ma l’Ue sanziona (due volte) anche la Farnesina e contesta agricoltura e pesca. In più, Bruxelles segnala la violazione delle regole su economia e finanza, libera circolazione dei capitali e tutela dei consumatori.

Compagnie di bandiera

Atterra sul tavolo del ministro ciellino Maurizio Lupi la prima inadempienza in elenco: la cattiva applicazione del regolamento che istituisce regole comuni su compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione o ritardo del volo. Oggetto: le mancate risposte dell’Enac alle (ripetute) denunce dei passeggeri. E nel mirino dell’Europa con la procedura 2013/4115 finiscono anche le tasse d’imbarco negli aeroporti di Fiumicino e Venezia. Fanno il paio con la violazione su obblighi e diritti dei viaggiatori in treno, con l’infrazione per l’affidamento dei servizi di cabotaggio al Gruppo Tirrenia e con il non rispetto della direttiva sulle inchieste negli incidenti del settore marittimo.

Diritti e lavoro

Suona male, da tutti i punti di vista, la «sospensione del diritto di ricevere la retribuzione contrattuale in associazione al divieto di lavoro notturno per le lavoratrici in stato di gravidanza (articolo 53 del decreto legislativo 151/2001)» esposta nella procedura 2006/2228.
Così come le non corrette applicazioni della direttiva 1999/70/Ce – cioè dell’«accordo quadro sul lavoro a tempo determinato con riferimento al personale impiegato nella scuola pubblica» – e della direttiva 2004/38/Ce sul «diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri». L’argomento è da padri fondatori dell’Europa: Italia «messa in mora».
Stridente quanto la violazione della norma sull’«attuazione di misure per promuovere il miglioramento della salute dei lavoratori durante il lavoro». Poi spicca l’incongruenza di «alcune disposizione italiane con la direttiva 2003/109/Ce» per quanto riguarda la carta-acquisti e gli assegni familiari e di maternità.
Normativa europea rimasta lettera morta perfino in materia di salute: spicca l’«esclusione del personale medico da alcuni diritti previsti dalla direttiva 2003/88/Ce relativa all’orario di lavoro». Procede, di pari passo, la cattiva applicazione della direttiva 2004/80/Ce sull’indennizzo delle vittime di reato, con il ministero della Giustizia che fatica a chiudere la procedura 2011/4147. Senza dimenticare il mancato recepimento della direttiva 2011/36/Ue sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.

Ambiente e salute

Chiusi i quattro contenziosi su acque di balneazione, batterie usate, inondazioni e inquinamento da nitrati, la mappa dell’ambiente italiano disegnata dall’Ue resta comunque più grigia che verde. Oltre all’Ilva (procedura numero 2013/2177), siamo sotto la lente d’ingrandimento per la «non corretta trasposizione» della direttiva 2004/35/Ce sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (procedura 2007/4679); per la violazione relativa alla valutazione dell’impatto ambientale di progetti pubblici e privati (bonifica di un sito industriale in provincia di Savona); per la non corretta attuazione delle norme sulle «mappe acustiche strategiche».
Nel database c’è spazio anche per il mancato recepimento della norma 8 giugno 2011 sulla restrizione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Questione davvero salutare. Come la risoluzione della direttiva Natura-Cascina «Tre Pini» sull’impatto ambientale dell’aeroporto di Malpensa o le leggi per fermare la pirateria sanitaria. All’attenzione del ministro Beatrice Lorenzin il mancato recepimento della direttiva sul «codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale».

Energia, tasse, privilegi

L’Unione mette il dito nella presa dell’energia. Spetta a Flavio Zanonato attuare (correttamente) la direttiva 2002/20/Ce sulle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica. E reggere la compatibilità comunitaria della legge Gasparri con la direttiva quadro citata nella procedura 2005/5086.
Fiscalmente spiccano invece la procedura 2013/4080 sul rimborso Iva e il «sovrapprezzo per onere nucleare e per nuovi impianti da fonti rinnovabili», mentre il ministero dell’Economia è chiamato a risolvere il nodo della direttiva 2011/61/Ue sui gestori di fondo di investimento alternativi.
Nel fascicolo destinato al vicepremier Alfano spuntano l’infrazione 2012/2189 per le «condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia» e il mancato recepimento della direttiva che estende l’ambito di applicazione dei beneficiari di protezione internazionale. Ma c’è anche la violazione delle norme Ue sulle regole in materia di prodotti per la difesa. Infine, nell’elenco delle infrazioni aperte non mancano gli appalti: i nuovi uffici giudiziari di Bari rappresentano un «caso aperto». E l’Italia deve sempre rispondere dei famigerati aiuti di Stato, cioè i mancati recuperi dei soldi concessi a favore di imprese: dalle aziende di Venezia e Chioggia a chi ha usufruito delle esenzioni e dei prestiti concessi all’epoca del Tremonti bis.
Ma quanto ci costa in termini di multe la violazione di tutte queste normative? Stime precise non esistono. Di sicuro soltanto le multe per le «quote latte» nel corso di questi ultimi anni hanno pesato nelle casse dello stato per oltre un miliardo di euro.

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