Inflazione cala un po’ ma non sui prodotti «ad alta frequenza»
L’Istat prevede un +10,1% a gennaio: fra i paesi maggiori della Ue siamo quello con il tasso più alto. Specie nel «carrello della spesa». Intanto la Fed aumenta i tassi dello 0,25%. E oggi Arera aggiorna la bolletta
L’Istat prevede un +10,1% a gennaio: fra i paesi maggiori della Ue siamo quello con il tasso più alto. Specie nel «carrello della spesa». Intanto la Fed aumenta i tassi dello 0,25%. E oggi Arera aggiorna la bolletta
In ritardo di almeno un mese rispetto agli altri paesi europei, l’inflazione rallenta finalmente anche in Italia.
A gennaio, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 10,1% su base annua. A dicembre era al +11,6%, ma si tratta comunque di un livello che non si registrava da settembre 1984 qui da noi.
MENTRE GOVERNO e maggioranza di destra festeggiano arrivando a sostenere che il dato sia figlio «degli interventi in legge di Bilancio», il raffronto con il resto d’Europa riporta tutto alla dura realtà. L’inflazione nell’eurozona è all’8,5% a gennaio, in calo rispetto al 9,2% di dicembre. L’Italia ha un tasso quasi doppio rispetto alla Spagna (5,8%) e di oltre tre punti superiore alla Francia. In tutti questi paesi l’inflazione era già in fase calante da fine 2022. E l’Italia è l’unico grande paese europeo a rimanere con un’inflazione a due cifre, assieme a Lituania ed Estonia che pagano le interconnessioni con la Russia.
Il dato della Germania, molto atteso per capire gli effetti del taglio del gas russo verso Berlino, non è arrivato «a causa di un problema tecnico di elaborazione dei dati» e sarà reso noto lunedì.
Se in Europa le cose iniziano a migliorare, dall’altra parte dell’oceano l’inflazione è sotto controllo ma la Fed mantiene la promessa e continua ad alzare i tassi per combatterla. La Fed alza i tassi di interesse dello 0,25%. Il costo del denaro sale così in una forchetta fra il 4,5% e il 4,75%, ai massimi dal settembre 2007:Tornando all’Italia, come specifica l’Istat, «la flessione del tasso di inflazione si deve, principalmente, al forte rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da +70,2% a -10,9%)», un calo che deriva dal crollo del prezzo del gas al mercato di Amsterdam.
UN CALO CHE PERÒ non riguarda il carrello della spesa, andando come al solito a incidere maggiormente sulla fasce popolari e meno abbienti. Per i cosiddetti «prodotti ad alta frequenza» infatti l’Istat certifica un aumento dell’inflazione: dal +8,5% di dicembre al +9,0% di gennaio. «Rimangono tuttavia diffuse le tensioni sui prezzi al consumo di diverse categorie di prodotti, quali gli alimentari lavorati, gli altri beni (durevoli e non durevoli) e i servizi dell’abitazione, che contribuiscono alla lieve accelerazione della componente di fondo», commenta l’Istat.
NONOSTANTE I DATI inoppugnabili, la fanfara del governo Meloni parte lancia in resta e con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, prefigura nuovi cali in arrivo: «Da domani i prezzi scendono». In calendario c’è infatti l’aggiornamento mensile dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) sulla bolletta del gas di gennaio per i clienti in tutela. Un taglio che potrebbe essere rilevante: secondo la stima di Nomisma energia, con il crollo subito dal prezzo spot del gas, il taglio potrebbe essere del 33%, dopo l’aumento del 23% di dicembre.
I commenti alla notizia sono improntati alla critica. Se Confcommercio parla di una «buona notizia», Altroconsuma denuncia come «un italiano su tre è in una condizione economica difficile a causa dell’inflazione e le più colpite sono inevitabilmente le famiglie meno abbienti»: gli italiani «si vedono costretti a tagliare i consumi o a ricorrere a prestiti». Per il Codacons, il ribasso registrato a gennaio «è una mera illusione ottica. L’inflazione è ancora elevatissima» e si traduce in una stangata di almeno 2.900 euro annui per le famiglie. L’associazione sottolinea anche il rischio di «una nuova ondata di rincari a partire dal 5 febbraio, quando l’embargo ai prodotti raffinati russi farà salire i listini di benzina e gasolio, con conseguenze dirette su una moltitudine di prodotti». A calmierare l’inflazione «è soprattutto il mercato tutelato dell’energia», sottolinea l’Unione nazionale consumatori, «ragione in più per rinviarne la fine, che per la luce dei condomini e delle associazioni è prevista tra due mesi».
A PIANGERE MISERIA è invece Federdistribuzione, la sigla che riunisce i grandi gruppi di supermercati che lamentano come «le vendite nel settore alimentare hanno segnato oltre -6% alla fine del 2022» e bussano cassa al governo: «Lo scorso anno abbiamo contrastato la crescita dell’inflazione riducendo i nostri margini, oggi serve un tavolo per una soluzione politica».
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