Inferno Rohyngia in Myanmar, accuse alla ministra premio Nobel
Sotto pressione Caccia ai musulmani sul confine sul birmano-bangladese, ma Aug san Suu Kyi ha altro a cui pensare
Sotto pressione Caccia ai musulmani sul confine sul birmano-bangladese, ma Aug san Suu Kyi ha altro a cui pensare
Monta la pressione su Aug san Suu Kyi, ministro degli Esteri ma de facto la protagonista della politica civile di un Paese che vive ormai da un mese un inferno sul confine birmano bangladese, dove vive la minoranza musulmana dei Rohyngia. In viaggio dagli Usa al Giappone passando per l’India, cercando investimenti e la fine delle sanzioni, la Nobel famosa per il suo coraggio nella difesa dei diritti viene adesso accusata di un eccessivo attivismo diplomatico che la allontana però dai problemi interni. E c’è chi la accusa – sul dossier Rohyngia – di girarsi dall’altra parte e di sostenere la linea dei militari con cui il suo partito, la Lega per la democrazia, condivide il potere in una difficile convivenza.
I militari hanno praticamente sigillato l’area Rohingya da un mese, impedendo non solo aiuti umanitari agli sfollati (già vittime di pogrom anti musulmani in passato) ma vietando a giornalisti o attivisti di monitorare quanto accade.
All’agenzia Reuters, testimoni hanno confermato violenze e intimidazioni, stupri e minacce. Tutto è cominciato quando un gruppo islamista ha attaccato il 9 ottobre una postazione militare. Da quel momento si è scatenata una repressione furiosa per dare la caccia agli islamisti, con diverse decine di morti, arresti e patenti violazioni. Suu Kyi ha inizialmente sostenuto la tesi dei militari e cioè quella di una giusta reazione contro le incursioni oltre frontiera di jihadisti allenati all’estero e poi si è chiusa in un pesante silenzio.
In realtà il governo ha mandato ai militari una lista di 13 domande sulla vicenda ma senza ricevere risposta. L’equilibrio è difficile e i militari hanno una lunga tradizione di impunità e indipendenza; Suu Kyi, dicono i delusi, spingerebbe però troppo poco e anzi tollererebbe non solo le scorribande belliche ma anche il loro dominio nell’economia. I Rohyngia sono circa un milione e 300mila di cui oltre 100mila vivono in campi per sfollati. Il Myanmar non riconosce loro lo status di minoranza e rappresentanza. Sono solo «gente che professa l’islam».
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