Inferno jihadista all’Ambassador di Mogadiscio
Somalia Attacco di Al-Shabaab all’hotel dei politici e degli uomini d’affari. 12 ore di scontro a fuoco, almeno 15 morti. Tra le vittime due deputati. Uccisi anche gli assalitori. Nel mirino il governo «apostata» e l’alleato Erdogan, in visita nei prossimi giorni. Vendicato Mohamud Ali Dulyadeyn, mente presunta della strage alla Garissa University, in Kenya, dell’aprile 2015
Somalia Attacco di Al-Shabaab all’hotel dei politici e degli uomini d’affari. 12 ore di scontro a fuoco, almeno 15 morti. Tra le vittime due deputati. Uccisi anche gli assalitori. Nel mirino il governo «apostata» e l’alleato Erdogan, in visita nei prossimi giorni. Vendicato Mohamud Ali Dulyadeyn, mente presunta della strage alla Garissa University, in Kenya, dell’aprile 2015
C’è il gruppo terroristico Al-Shabaab dietro l’assalto contro l’hotel Ambassador di Mogadiscio di mercoledì scorso: «Abbiamo colpito i membri del governo apostata, uccidendone molti», hanno rivendicato gli integralisti islamici attraverso il loro portavoce alle operazioni militari Abdiasis Abu Musab.
Ieri mattina era ancora possibile sentire sporadiche raffiche di arma da fuoco in tutta la zona circostante mentre le forze di sicurezza somale erano impegnate a portare a termine le operazioni di contrattacco e di soccorso ai superstiti rimasti intrappolati nell’albergo di 5 piani gravemente danneggiato. L’assedio è terminato con l’uccisione di tre jihadisti dopo 12 ore di scontro a fuoco con i soldati governativi.
Il bilancio attuale fornito dalle autorità locali sarebbe di almeno 15 morti e 55 feriti. Tra le vittime anche due deputati somali: Abdullahi Jaamac Kabaayne e Mohamed Mohamud Gure.
L’hotel Ambassador, frequentato da esponenti del governo e da uomini d’affari, si trova nel cuore della capitale, su una delle strade più centrali, la Maka Al Mukaram, costeggiata da alberghi, ristoranti e banche.
A scatenare l’inferno nel pomeriggio del 1° giugno sarebbe stato un commando di almeno tre jihadisti che a colpi di kalashnikov avrebbe fatto irruzione all’interno dell’Ambassador dopo essersi aperto un varco con l’esplosione di un’autobomba proprio all’entrata dell’edificio.
L’attacco è stato sferrato dopo l’annuncio, lo stesso giorno, da parte del governo somalo di un raid Usa a Bulo Gadud (Somalia) in cui sarebbe stato ucciso Mohamud Ali Dulyadeyn, sospettato di essere la mente dell’attentato al Garissa University College del 2 aprile 2015, in cui persero la vita circa 148 persone.
Mercoledì stesso il portavoce del Pentagono, Peter Cook, aveva reso noto che il 27 maggio scorso Abdullahi Haji Da’ud il capo dell’unità di intelligence degli Al-Shabaab – nota come Amniyate (Shabaab’s Security and Intelligence Branch) – nonché «principale coordinatore degli attacchi delle milizie di al-Shabaab in Somalia, Kenya e Uganda» «si presume sia stato ucciso» durante un raid aereo americano nella Somalia centro-meridionale. Attacco sferrato a pochi mesi di distanza da quello con cui le forze Usa hanno colpito un campo di addestramento somalo uccidendo più di 150 combattenti. Il Pentagono, tuttavia, non ha confermato i dettagli dell’attacco né che Da’ud sia morto: «Stiamo valutando i risultati dell’operazione», si legge in un comunicato.
Mohamud Ali Dulyadeyn si presume che abbia coordinato l’attentato al Garissa del 2015 con la complicità di altri 4 uomini armati uccisi dalle forze antiterrorismo dopo 16 ore di assedio.
Noto anche con altri nomi, tra cui Mohamed Mohamud, Mohamed Dulyadin, Gamadheere, Mohamed Kuno e Abdurahman, sarebbe uno dei capi locali degli Al-Shabaab nella regione di Juba. Di nazionalità kenyana, ex insegnante e ex direttore di una scuola islamica, la Madarasa Najah di Garissa, sarebbe entrato a far parte del gruppo degli Al Shabaab già nel 2000, all’epoca dell’Islamic Courts Union (Icu) prima ancora cioè che gli Al-Shabaab, nel 2006, si separassero come ala indipendente dall’Icu.
Ricercato da dicembre 2014 per l’attacco di Mandera (64 le vittime), su di lui pendeva una taglia del governo del Kenya di 215 mila dollari perché considerato la mente dell’assalto al college universitario di Garissa. Uno dei più sanguinosi dopo quelli di Nairobi del settembre 2013 contro il Westgate Shopping Mall (67 morti) e all’ambasciata Usa della capitale nel 1998 (più di 200 le vittime).
Vista la concomitanza con le operazioni anti-terrorismo Usa, non sarebbe da escludere che l’attacco all’Ambassador sia stato pianificato come un’azione di rappresaglia. Resta però significativo che l’attentato sia avvenuto pochi giorni prima dell’arrivo del presidente turco Erdogan, che sarà per la sua terza volta in Somalia, dove i lavoratori turchi e le agenzie umanitarie sono da tempo nel mirino di Al-Shabaab che li accusa di secolarismo.
A gennaio 2015, un giorno prima dell’arrivo di Erdogan, un’autobomba fu fatta esplodere davanti all’entrata dell’hotel dove si trovavano i delegati turchi. Nel luglio 2013 un veicolo carico di esplosivo fu lanciato contro l’ambasciata turca di Mogadiscio. Attacchi entrambi rivendicati da Al-Shabaab.
La Turchia è un alleato chiave del governo somalo.
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