Economia

Industriali e Ue criticano l’Imu

Industriali e Ue criticano l’Imu – Tam Tam

Il bilancio Il Commissario Rehn e la Confindustria: finora poca attenzione alle forze produttive. L’esenzione sulla prima casa suscita ancora perplessità. L’Europa: «Verifiche sulla service tax». Le imprese chiedono sgravi sul lavoro

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 18 settembre 2013

È vero che la riforma dell’Imu è blindatissima da un Pdl che tiene in scacco il Paese con le vicende dell’ex premier condannato per frode fiscale, ma è anche vero – d’altra parte – che per per il momento è stato coperto solo un pezzo dell’esenzione, e che nuovi miliardi serviranno per le tranches successive: anche in quest’ottica, quindi, possono avere un senso le perplessità e le critiche avanzate ieri da due soggetti di peso, l’Unione europea e la Confindustria.

Il commissario agli Affari economici Olli Rehn e, per la Confindustria il presidente del Comitato tecnico fisco, Andrea Bolla, hanno avuto in due diversi momenti un’audizione alla Camera: all’ordine del giorno gli ultimi dati (e le politiche economiche) italiani e la imminente legge di stabilità, che nuovi tasselli sicuramente aggiungerà sul fronte delle tasse. Sia Rehn che gli industriali hanno criticato la riforma dell’Imu, perché non ha privilegiato il comparto produttivo, andando a sgravare i patrimoni.

Rehn ha spiegato al Parlamento italiano che l’abolizione dell’Imu «ha suscitato e suscita preoccupazioni, rispetto allo spostamento degli oneri fiscali dai fattori produttivi verso altri cespiti. Adesso sarà nostro dovere verificare la service tax».

Ancora, il Commissario Ue ha ricordato che «il consiglio ha raccomandato di spostare il carico fiscale dai fattori di produzione al patrimonio e al consumo. La decisione sull’Imu va ovviamente in direzione opposta rispetto alla raccomandazione del consiglio, tuttavia, se configurata bene la service tax potrebbe, “potrebbe” – ha voluto sottolineare –, essere coerente con la raccomandazione» Reh ha poi aggiunto che i dati sul Pil italiano sono «deludenti», ma con una metafora ha osservato che la ripresa è comunque possibile, se si faranno le riforme che la Ue sollecita da tempo: «Nell’area euro – ha detto – è in corso un inizio di graduale ripresa: nei prossimi mesi dovremmo vedere un miglioramento dell’occupazione, ma dichiarare che la crisi è finita sarebbe prematuro. L’Italia è come la Ferrari, per poter vincere ha bisogno di un motore competitivo, deve essere pronta a cambiare, adeguarsi».

Infine, il Commissario ha ribadito il monito Ue già espresso più volte negli ultimi giorni: «La stabilità politica è un fattore fondamentale per la ripresa». Tanto che il fatto che la Spagna ha avuto una migliore performance sullo spread, è visto come un «segnale d’allarme». E qui cade il discorso del deficit e i possibili rischi di sforamento rispetto al 3%.

Per il vicepresidente della Commissione Ue, «l’Italia è in linea con il conseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio, ma a condizione che gli impegni attuali vengano rispettati, o concordate misure compensative laddove si creino buchi di bilancio. A queste condizioni non serviranno interventi aggiuntivi». Più tardi si è saputo che Rehn ha incontrato in via riservata il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che ha confermato al rappresentante della Ue il rispetto del tetto del rapporto tra deficit e Pil al 3%.

Secondo Bolla, della Confindustria, «senza un intervento di riduzione del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, sarà difficile e ritardato l’aggancio dei primi, timidi, segnali di ripresa e impossibile riportare il Paese su un più alto livello di sviluppo». «Una volta condiviso questo obiettivo generale – ha proseguito – in questa difficile situazione economica, è prioritaria una riduzione del cuneo fiscale e contributivo, sia dal lato delle imprese sia dei lavoratori: su Irap, Irpef, contributi, così da sostenere contemporaneamente la domanda interna e restituire competitività alle imprese».

Riferendosi all’abolizione dell’Imu sulle prime case, Bolla ha quindi aggiunto che si tratta «di interventi disorganici che magari snelliscono un’imposta, ma finiscono poi per peggiorare la composizione delle entrate a sfavore della crescita». «Una mancata occasione», ha concluso, chiedendo a questo punto di «eliminare completamente l’Imu sui beni strumentali utilizzati direttamente dalle imprese nel processo produttivo».

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