Veniva considerata una delle pochissime crisi industriali risolte. Partita con la chiusura dello stabilimento Irisbus di Flumeri (Avellino) deciso da Sergio Marchionne – che preferiva produrre in Repubblica Ceca – nell’ormai lontanissimo 2011 con i lavoratori che occuparono la fabbrica per protesta, era raddoppiata con la crisi della BredaMenarinibus di Bologna di proprietà di Finmeccanica. Fu l’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio (che in campagna elettorale nel 2018 incontrò i lavoratori di Bologna) a cercare di rilanciare i due stabilimenti, nel frattempo riuniti in un’unica società: Industria italiana autobus. La Iia però per anni ha scontato la dismissione del settore civile da parte di Finmeccanica (nel frattempo diventata Leonardo) e l’incapacità del manager e comproprietario Stefano Del Rosso, che aveva fiutato l’odore di soldi pubblici senza avere la capacità di gestirli.

Fu la ricapitalizzazione pubblica di Invitalia nel 2019 (guidata al tempo da Domenico Arcuri) assieme ai nuovi bandi pubblici per la produzione di autobus a ridare linfa alla produzione per i soli 590 dipendenti rimasti. Il socio turco Karsan, sceso al 20%, era stato messo in riga: la produzione “rubata” e trasferita allo stabilimento di Bursa era tornata in Italia.

Il tutto non è durato molto: da mesi sono tornati i problemi e l’incubo di una nuova chiusura è riapparso per i lavoratori irpini e bolognesi. Sembra incredibile: l’unica azienda italiana del settore autobus non riesce a essere profittevole e produrre con continuità.

E così ieri è stato proclamato un nuovo sciopero: venerdì 4 ore di stop sia a Flumeri che a Bologna, hanno deciso Fim, Fiom e Uilm, unitariamente.
«In questi anni le organizzazioni sindacali, le Rsu e i lavoratori hanno denunciato la mancanza di investimenti e una gestione non idonea al rilancio di Iia che ha portato allo stallo produttivo e quindi all’ennesima crisi di liquidità – denunciano i sindacati – . Occorrono quindi interventi urgenti per far ripartire la produzione e dare stabilità industriale. Diversamente, si rischia di perdere le commesse già acquisite e di non investire in nuove tecnologie e nuova occupazione in un settore, quello del trasporto pubblico, che per di più è in forte espansione», concludono Fim, Fiom e Uilm.

Venerdì a Bologna i circa 190 lavoratori si ritroveranno davanti ai cancelli di via San Donato 190 alle 9 per un corteo che arriverà fino alla sede della Regione.

A Flumeri la voglia di combattere non manca. Martedì i 400 lavoratori sono stati in sit in sotto la Prefettura di Avellino. E venerdì saranno davanti ai cancelli della fabbrica. Denunciano «il paradosso: le commesse ci sono ma la fabbrica non è stata riqualificata e non possiamo lavorare». Le promesse, disattese, di rilancio dello stabilimento, i debiti accumulati, gli azionisti che hanno deciso di chiudere i rubinetti e hanno detto no alla ricapitalizzazione, fanno temere il peggio.
Un incubo già vissuto.