India e Leo, nel viaggio profondo dell’amore e dei suoi arcani maggiori
Il Bagatto, Tarocchi di Vergnano (Torino, 1830)
Cultura

India e Leo, nel viaggio profondo dell’amore e dei suoi arcani maggiori

NARRATIVA «Chiedi se vive o se muore», l’ultimo romanzo di Gaia Giovagnoli per Nottetempo
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 10 gennaio 2024

Come nel precedente Cos’hai nel sangue anche il titolo del secondo romanzo di Gaia Giovagnoli, appena pubblicato da Nottetempo, racchiude una domanda: Chiedi se vive o se muore (pp. 224, euro 16)
India, la giovane protagonista, cartomante e studiosa di antropologia (caratteristiche che condivide con l’autrice) si affida ai tarocchi per antivedere il futuro e insieme indagare il proprio passato alla disperata ricerca di un senso: «Oggi capisco che si può avere solo una piccola chiave di lettura delle cose che ci circondano. Il silenzio è troppo ingombrante per affrontarlo ogni giorno. Quello che si può fare è prestargli una lingua, dargli la forma di uno scarabeo che caracolla. Le cose succedono e basta, esistono e basta, ma l’unico modo per conoscerle è farle succedere a noi, rendendole coerenti nel ricordo, attirandole nel centro magnetico della nostra storia e dando loro un nome, una ragione, un inizio e una fine, in certi casi una morale. La divinazione esiste per questo».

PROTAGONISTI ASSOLUTI del romanzo, i tarocchi rappresentano un vero e proprio congegno narrativo a cui, non a caso, Giovagnoli affida l’architettura del romanzo, scandita da ventidue capitoli, ognuno dei quali porta il nome di una delle ventidue carte degli arcani maggiori, seguita da alcuni dei suoi possibili significati: «Il Bagatto. Carta uno. Inganno. Astuzia. Impulso». Attraverso i tarocchi India indaga il tragico epilogo della storia con Leo: la reclusione, a cui Leo l’ha costretta, dopo aver scoperto il suo tradimento con Yari, e il volo (o caduta?) dello stesso Leo giù dal secondo piano dopo che India se n’è andata di casa.
«Da quando si iniziano a contare, le cose brutte?», si chiede India. «Il mio calcolo è scostante, fa lunghi salti nel tempo». L’insistenza con cui Giovagnoli ritorna sull’aggettivo «brutto» appare un tentativo da parte di India di dissimulare, esorcizzare e pure «infantilizzare» il male che si annida nelle sue relazioni, a partire da quella con la madre. L’amore tra India e Leo rientra a pieno titolo tra gli amori tossici descritti da Laura Pigozzi nel suo ultimo libro (Amori tossici, Rizzoli), in cui i confini sono perturbati, «il limite tra due esseri è confuso» ; prendendo a prestito l’immagine di Kristeva nel saggio Poteri dell’orrore, si può dire che India e Leo sono caduti al di là del limite, e che nella loro storia c’è un compiacimento nell’abiezione: «Se ripenso a te che mi hai sbattuta a terra e mi hai chiusa al buio, il mio corpo reagisce bagnandosi. Lo fa quasi in automatico. L’erotismo, così, sembra qualcosa di epico: disarma il male, non importa quanto sia grande, e lo trasforma nel suo contrario – con l’effetto che nulla può più fare davvero danni».

COLPISCE LA CAPACITÀ di questa giovane scrittrice di descrivere la violenza, di dare voce a ciò che è abietto, e nel contempo di avviare una riflessione profonda, mai banale. India confessa l’inconfessabile e «sceglie» come proprio interlocutore l’ex fidanzato, che in seguito alla caduta si trova in coma in un letto d’ospedale.
È a questo «tu» che India si rivolge con una prosa feroce, a tratti allucinata, cercando di affrancarsi, e insieme scoprendo con grande lucidità le radici in comune del loro male: «Scegliemmo i genitori sbagliati – tu il tuo morto; io mia madre. Un colpo di fucile e gli schiaffi. Se ci chiedono di noi, finiamo a parlare di loro. Ma guardali bene: sono persone che, a un certo punto, pensammo di poter aggiustare perché eravamo i figli – i sacri splendidi luminosi figli – e non bastò».

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