Indagine sulla povertà politica del quotidiano. E su come uscirne
Scaffale Riccardo Staglianò, «Hanno vinto i ricchi. Cronache da una lotta di classe», per Einaudi. Il capitale ha vinto, questo il filo rosso del libro, perché gli è stato consentito. Dalla destra, ma altrettanto spesso da ex compagni che hanno creato le condizioni per la caduta nel baratro
Scaffale Riccardo Staglianò, «Hanno vinto i ricchi. Cronache da una lotta di classe», per Einaudi. Il capitale ha vinto, questo il filo rosso del libro, perché gli è stato consentito. Dalla destra, ma altrettanto spesso da ex compagni che hanno creato le condizioni per la caduta nel baratro
In punto di morte tutta la vita «passa davanti agli occhi» in una sorta di rassegna della propria esistenza. Episodi chiave, momenti decisivi, emozioni forti: una pellicola proiettata nella mente in una sequenza rapidissima ma nitida e inesorabile. Nell’esperienza di pre-morte la vita si chiude su sé stessa con un senso di redde rationem. Il libro di Riccardo Staglianò (Hanno vinto i ricchi. Cronache da una lotta di classe, Einaudi, pp. 176, euro 12) è l’esperienza di pre-morte della classe dirigente post ‘89. Se (ex) Segretari di partito, Ministri/e, Parlamentari, intellettuali alla corte del Principe o addormentati nel caldo e soffocante abbraccio dei media leggeranno questo libro, vedranno la loro vita scorrere in una sequenza di decisioni, eventi e fatti che raccontano come la politica abbia costruito le condizioni per la vittoria del capitale sul lavoro.
NULLA DI PIÙ, ma neppure nulla di meno. Il capitale ha vinto, questa è il filo rosso del libro, perché la politica lo ha fatto vincere. Una risposta semplice, certamente, ma che ricorda il ruolo delle scelte collettive nell’indirizzare i percorsi delle società, nel decidere chi vince e chi perde, a chi vanno i frutti della ricchezza e chi, invece, ne è escluso. La prima parte del libro è costruita su un fatto: se la produttività è stata stagnante, ancora peggio è andata per i salari e per la remunerazione del «fattore lavoro». Fatto che rimanda non a condizioni tecniche o economiche, ma ai mutati rapporti di forza all’interno della relazione sociale par excellence delle nostre società: la relazione capitale-lavoro.
I MECCANISMI di protezione del lavoro e del salario sono stati smontati pezzo a pezzo, racconta Staglianò nel primo capitolo. È una cronaca amara, che rimette in fila i fotogrammi della sequenza: fine della scala mobile, depotenziamento della contrattazione collettiva, sostituzione della concertazione con il dialogo sociale, relazioni industriali ricattatorie e unilaterali, precarizzazione del lavoro e flessibilità senza sicurezza, crescita del part-time involontario, aumento della disoccupazione giovanile e femminile, allargamento dei divari territoriali, distruzione qualitativa e quantitativa dell’occupazione pubblica, colpevolizzazione della povertà, riduzione del lavoro a dono. Una sequenza nota, con nomi e cognomi dei protagonisti. Spesso di destra, ma altrettanto spesso ex compagni che animavano le liturgie senza più dottrina delle Feste dell’Unità, tra sorrisi e pacche sulle spalle, mentre creavano le condizioni per la caduta nel baratro.
DALLA CRONACA della sconfitta, il libro passa alla narrazione qualitativa della vittoria. Dai poveri colpevolizzati, ai ritratti dei ricchi sempre più ricchi e ai loro consumi, tra Forte dei Marmi, Cortina e Milano. Soprattutto, lo sguardo di Staglianò si sofferma sull’«economia morale» dei vincitori, sui vocabolari di motivi che chi siede dalla parte dei vincitori utilizza per giustificare la condizione di privilegio in cui la politica lo ha messo. Si tratta di giustificazioni che, viste da fuori, possono apparire bizzarre. Non deve essere facile spendere cifre che basterebbero a far studiare tutte le periferie di una grande città per «gran crudi, chalet e vita eterna» senza appigliarsi a giustificazioni come: «Piú della ricchezza monetaria è la ricchezza interiore».
Le diseguaglianze di reddito e di ricchezza, sostengono gli ultra-ricchi a parte poche eccezioni, non si risolvono con più progressività fiscale e ricomposizione della base imponibile, che non a caso è – insieme alla distruzione dell’intermediazione politica e sindacale – l’altra grande leva che ha ribaltato i rapporti di forza tra capitale e lavoro. La conseguenza non può che essere la povertà del quotidiano che, dai consumi alle vite precarie, Staglianò descrive nel penultimo capitolo con amari e vividi ritratti personali. Il libro si chiude con la rassegna delle soluzioni possibili, anche queste costruite a partire dalla migliore ricerca, confermando che le idee non mancano ma è l’azione politica a brillare per la sua assenza. Da Piketty-Zucman sulla fiscalità a livello globale, alle proposte sul sistema italiano delineate da Roventini, fino al tema cruciale della «predistribuzione» enfatizzato dai lavori del Forum Diseguaglianze e Diversità, l’elenco è noto.
PREDISTRIBUZIONE: termine che rimanda a tutte quelle azioni che rimettono in equilibrio i rapporti di potere prima della formazione della ricchezza. Si tratta di politiche importanti per contrastare le diseguaglianze oscene generate dallo squilibrio nei rapporti capitale-lavoro. Diseguaglianze così ampie che senza una capacità di organizzazione politica, e soprattutto senza una classe dirigente che si sbarazzi senza più indugio di tutto ciò che ha portato a questa situazione (persone, scelte, discorsi, alleanze politiche), non possono che portare a decisioni individuali orientate alla mera sopravvivenza o a comportamenti elettorali mossi dal risentimento collettivo.
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