Rubriche

Indagine chiara e sicura del passato

Divano La consapevolezza storica in relazione alla iniziativa politica e la confezione di falsa coscienza

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 20 aprile 2018

Non poche note di questa rubrica son state dedicate ad una riflessione sul ‘senso della storia’. Un argomento trattato sia indirettamente, in contesti, intendo dire, che lo implicavano, sia in modo esplicito ragionando dei rapporti con opere e culture del passato e della loro incidenza attuale. E sia, in un terzo modo, anche toccando questioni d’ordine più generale (o, si voglia, filosofico) quali le declinazioni odierne che flettono le determinazioni dello spazio e del tempo; o il disporsi reciproco di artificiale e naturale quando l’artificio può esser mera virtualità digitale; o la memoria e le sue formulazioni, e, secondo le sue, l’oblio. O, appunto, i selezionati costrutti in virtù dei quali elaboriamo gli accadimenti che via via si susseguono coinvolgendoci in fatti storici estraendoli, per così dire, dal generico continuum e conferendo loro un riconoscibile significato. Un ‘senso’, appunto, che si mostri esemplare, tale, cioè, da recare elementi di conoscenza di cui dotarsi, da restare come una lezione da apprendere e fare propria. Una lezione alla quale rifarsi allorché si verifichino avvenimenti e condizioni simili.

Maniera di intendere (e di legittimare) una ratio storica che fu impostata da Tucidide nel celebre paragrafo 22 del Libro primo de La guerra del Peloponneso là dove scrive: «Forse la mia storia riuscirà, a udirla, meno dilettevole perché non vi sono elementi favolosi; ma sarà per me sufficiente che sia giudicata utile da quanti vorranno indagare la chiara e sicura realtà di quanto in passato è avvenuto e che un giorno potrà pure avvenire, secondo l’umana vicenda, in maniera uguale o molto simile». In che modo e stando a quale interpretazione il motto di Tucidide può mantenere, oggi, rispetto alla avvertita esigenza della maturazione d’un ‘senso della storia’, la sua forza di persuasione? Al momento atteniamoci alla lettera, al significato piano delle parole indagare la chiara e sicura realtà di quanto in passato è avvenuto. Svolgere questo compito preliminare parrebbe la condizione essenziale anche di ogni intendimento politico consapevole. Come che sia, in una di queste note, appunto, si ragionava di consapevolezza storica in relazione alla iniziativa politica. E, proprio considerando i risultati delle recenti elezioni politiche generali con particolare riguardo alle liste di sinistra (tra le due camere, su 945 complessivi, 18 i seggi conquistati) è questo un tema che appare di impellente rilevanza. Si impone a fronte della conclamata inadeguatezza mostrata dalla compagine che si dice di sinistra e che, in ogni caso, dichiara l’intento di rifarsi al patrimonio politico rappresentato dalle esperienze e dalle ricche elaborazioni culturali promosse dai partiti di sinistra dell’Italia repubblicana, tra 1945 e 1989. E, in quella nota, si rilevava, tra le altre, una debolezza vistosa riguardo al giudizio storico intorno al ruolo del Partito comunista italiano quale si espresse fino al 1989.

Così, malgrado l’ingente messe di approfonditi contributi recati dagli studiosi e dai protagonisti, gli attuali gruppi dirigenti della sinistra politica (divisi, in contrasto e in competizione reciproca) che pur si dichiarano eredi e prosecutori di quelle istanze e di quegli impegni, non hanno saputo tradurre quel lavoro critico e quelle indagini (in numerosi casi chiare e sicure) in proposte e iniziative, in programma. Questa incapacità di elaborare criticamente una cultura e una prassi conseguente corre parallela, in un organismo politico, con la confezione di falsa coscienza. Alimenta giudizi e ricostruzioni del passato tutt’altro che «chiare» e «sicure», confuse e inaffidabili invece («favolose»), improntate all’inevitabile intreccio di nostalgia e mitizzazione, impasto facile quanto, in politica, nefasto. Così gli esponenti dei tempi passati appaiono dotati di virtù al giorno d’oggi inarrivabili. Anche di questo «non sentirsi all’altezza» del compito che i tempi esigono (lo scoprirsi inadeguati all’impresa alla quale ci si sente chiamati) da secoli si è discusso con l’intento di comprendere e di conseguenza mettere a punto impianti concettuali ed apparati innovativi che coordinino i desideri dei Moderni ai valori ereditati dagli Antichi.

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