È la notte della Liguria. Ed è anche, soprattutto, una tragedia che si consumò tra l’8 e il 9 ottobre 2014. Accadde tutto in pochi istanti, dopo le 22.15, quando il Bisagno uscì ancora una volta dal suo argine, nel solito posto, pochi metri prima della linea ferroviaria, dove il torrente viene ingoiato sotto l’asfalto e il cemento, attraversando quella parte della città costruita durante il Ventennio per poi arrivare al mare. Quella notte morì Antonio Campanella, infermiere in pensione, affogato nel sottopassaggio che dalla stazione di Brignole corre verso il Bisagno e il quartiere di Marassi. Campanella e migliaia di altri genovesi vennero colti di sorpresa. Nessuno quella notte diede l’allerta. Chi doveva lanciare l’allarme non lo lanciò, non prima dell’esondazione.

Ora è per questo che due magistrati genovesi, Gabriella Dotto e Patrizia Ciccarese, hanno iscritto nel registro degli indagati l’assessore regionale alla Protezione Civile. Si chiama Raffaella Paita, già bersaniana, poi renziana della penultima Leopolda e ora candidato Pd per la poltrona sulla quale da dieci anni siede il governatore Claudio Burlando.

L’assessora è indagata per concorso in omicidio colposo, disastro colposo e omissione. Dall’inchiesta, per il momento, trapela solo un altro nome, quello di Gabriella Minervini, direttore del dipartimento ambiente della Regione Liguria. Entrambe erano già state ascoltate in procura nel novembre scorso, convocate in qualità di persone informate dei fatti. Al termine la Paita aveva dichiarato: «Ho spiegato di essere stata tutta la notte nella sala della protezione civile allestita al Matitone di Genova».

Anche su questo, nei giorni che seguirono la tragedia, si accesero le polemiche: quell’8 ottobre prima di rientrare a Genova, l’assessora era a Imperia, «ennesima tappa della sua interminabile campagna elettorale», continuano a contestarle gli oppositori. Ora la Paita dice «rimango a disposizione del partito». Significa che, mentre i vertici Pd sono riuniti, la sua candidatura non è stata confermata. Ma a tarda sera lo sarà. Intanto lei chiede «alla magistratura di andare avanti», ma si dichiara sorpresa, «pensavo di aver già spiegato ai magistrati la meticolosità della mia condotta». Poi scarica le responsabilità, perché l’allerta meteo e i provvedimenti conseguenti «sono di competenza della struttura tecnica».
E’ la notte della Liguria, è un candidato del Pd che finisce nel registro degli indagati a due settimane dal voto, ennesimo buco nero di una campagna elettorale che ha visto il durissimo scontro nelle primarie, lo strappo e le accuse rivolte da Sergio Cofferati contro l’ex compagna di partito Paita. Sembra una guerra di trincea e sono mesi che logora gli elettori. La linea è quella del Bisagno, il torrente che in città continua a uccidere. Da qui, due giorni fa, Matteo Renzi ha lanciato una sfida che appare singolare per il leader nazionale: «In Liguria c’è una battaglia decisiva e io la combetterò».

Ed è sempre qui, sugli argini del Bisagno, che Renzi è arrivato con la ministra della Difesa, la genovese Roberta Pinotti. Insieme, per far vedere che si farà quello che non è mai stato fatto: mettere in sicurezza il torrente che continua a uccidere. Non è stato fatto nei dieci anni del regno Burlando, però adesso il governatore sta in prima fila con premier, ministro e ovviamente Paita. Così, quando la notizia dell’avviso di garanzia non è ancora trapelata, quel plotone governativo non può far altro che attirare l’attenzione del civatiano Luca Pastorino. Lui, parlamentare appena dimessosi dal Pd e sindaco di Bogliasco, alle regionali sarà il candidato presidente di Rete a sinistra. Spiega: «Mi sembra chiaro ormai che il candidato delle larghe intese alla presidenza della Liguria sia Renzi». Ma sull’inchiesta Pastorino decide di non fare nessun commento: «Sono fatti troppo dolorosi, che hanno segnato tutti i liguri. Spero solo che la Paita possa chiarire cosa accade davvero quella notte». Nel buoi pesto di Genova e della Liguria.