Cultura

Indagando le zone d’ombra delle statue commemorative

Indagando le zone d’ombra delle statue commemorativeCristoforo Colombo abbattuto in Minnesota

Scaffale Lisa Parola interroga la storia nel libro «Giù i monumenti? Una questione aperta», edito da Einaudi

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 29 giugno 2022

Negli ultimi mesi le notizie dell’attacco russo alle città ucraine sono state accompagnate da immagini di monumenti affondati in montagne di sacchi di sabbia, impacchettati con teli di plastica e difesi da assi di legno. L’impegno delle istituzioni pubbliche e culturali, così come della società civile, è stato enorme nella messa in sicurezza del patrimonio culturale ucraino. Intanto in diverse città ucraine si è potuto assistere alla rimozione dei simboli russi. Per citare un episodio, il 28 aprile nel quartiere Pecherskyi di Kiev, un monumento in bronzo di epoca sovietica, raffigurante due lavoratori, uno ucraino e uno russo, è stato smantellato. L’opera, eretta nel 1982 come dono del regime sovietico al governo ucraino, è stata decapitata tra gli applausi di centinaia di persone.

I FATTI NARRATI sono posteriori all’uscita del libro edito da Einaudi Giù i monumenti? Una questione aperta (Einaudi, pp.144, euro 12) che interroga il rapporto della contemporaneità con i monumenti, ma restituiscono tutta l’attualità del dibattito intorno al destino delle statue e delle loro rappresentazioni. La sua autrice Lisa Parola, storica dell’arte e curatrice, interroga i monumenti e la loro zona d’ombra: uno spazio di memorie rimosse, conflittualità risvegliate, desiderio di rovesciamento e richiesta di salvaguardia.

I CASI ANALIZZATI tracciano una geografia molto vasta ma con tappe fondamentali nell’Iraq che si libera dal regime di Saddam, nell’Ucraina impegnata nel processo di decomunistizzazione e negli Stati Uniti che chiedono la rimozione delle statue e dei simboli confederati. Contesti storici differenti che hanno posto domande assai simili all’eredità rappresentativa dei loro monumenti. Le risposte, al contrario, dispiegano una complessità di soluzioni molto diverse fra loro, da quelle più ufficiali deliberate e commissionate dall’alto, alle più spontanee, spesso ai primi segnali di rivolta.
È complesso stabilire cosa inneschi la volontà di rovesciare le statue e la loro rappresentazione del potere per lo più bianca, maschile, occidentale e declinata al singolare, per fare spazio a soggettività che nei secoli non hanno avuto né spazio né voce. Ma pare un desiderio che negli ultimi decenni si è nutrito di studi postcoloniali e femministi, e si è intrecciato alla necessità di sovvertire una narrazione della storia a radice unica.

MA SE IL COPIONE delle manifestazioni delle logiche patriarcali e coloniali è più o meno lo stesso di sempre, ogni volontà di rovesciamento rappresentativo ha una sua storia, modellata sulle specificità delle comunità locali e delle soggettività che se ne fanno interpreti.
Il ruolo dell’arte contemporanea è sostanziale in questo processo di riscrittura del monumento e costruzione di contromonumenti che riescano a interrogare l’idea di monumentalità, la retorica di cui è investita, e a liberarsi dei basamenti che per secoli hanno segnato una distanza e garantito l’aura e l’eternità del monumento. Il libro è ricco di esempi di monumenti che hanno rinunciato al basamento, all’eroismo maschile, alla logica verticale, e che si sono posti la sfida di attivare lo spazio urbano. Uno spazio che riesca a essere politico, aperto a possibilità, non sempre pacificato ma conflittuale. Uno spazio che sia partecipe nel processo senza fine di ridisegno della storia e nelle pratiche di risignificazione della memoria.

IL PUNTO INTERROGATIVO in fondo al titolo rende evidente che si tratta di un libro che ha la consapevolezza di non essere esaustivo, avendo il ruolo di aprire una discussione. Uno strumento imprescindibile per orientarsi in un dibattito contemporaneo assai complesso, che deve gestire i contraccolpi conservativi e nostalgici, le spinte radicali della cancel culture e quelle populiste dell’histotainment che riduce la storia a occasione di intrattenimento. I monumenti continuano a interrogare la sfera pubblica, e la risposta non può essere neutra ma sempre posizionata

 

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