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Incursioni nella sinistra tedesca

Incursioni nella sinistra tedesca

Ipotesi di lavoro Inizia con l'intervista alla direttrice dell'Institut Solidarische Moderne Andrea Ypsilanti una serie di interviste sulla discussione nella sinistra tedesca in vista delle lezioni

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 7 marzo 2017

Per decenni il sistema politico tedesco è stato sinonimo (e garanzia per le élite europee) di «stabilità». Certo nell’alternanza di governo dei due principali partiti, l’Union dei cristiano-democratici con i cristiano-sociali bavaresi e la Socialdemocrazia. Certo con l’affacciarsi sulla scena di nuove forze politiche, come accaduto con l’affermazione dei Grünen negli anni Ottanta, a partire da movimenti come quello antinucleare. Certo con il faticoso processo di riunificazione dei Länder dell’Est, le regioni dell’ex Repubblica Democratica (Rdt).

In ognuno di questi passaggi è parso che il modello dell’«economia sociale di mercato» tramutasse la sua capacità di «integrazione» e neutralizzazione sistemica del conflitto di classe in fattore di permanente stabilizzazione della scena politico-istituzionale.

Questo paradigma ha consentito al governo Socialdemocratici-Verdi, guidato tra il 1998 e il 2005 da Gerhard Schröder, di approvare con l’«Agenda 2010» pesanti riforme al sistema di Welfare State, Il prezzo pagato dall’Spd fu la scissione a sinistra della Wasg di Oskar Lafontaine e la sua alleanza con la Pds (il Partito del Socialismo Democratico, radicato a Est), la cui fusione diede vita nel 2007 a Die Linke.
Il resto è storia recente, con l’ascesa della democristiana Angela Merkel, dal 2005 ininterrottamente cancelliera federale, alla guida di maggioranze variabili (prima con l’Spd, poi con i liberal-democratici dell’Fdp, poi di nuovo in Große Koalition). Essa stessa emblema della «stabilità». E dell’evidente ruolo egemonico giocato dalla Germania nell’Europa segnata dalla «grande crisi». La Cancelliera sembrava predestinata a guidarla ancora a lungo.

Ma da un anno a questa parte non è più così: la cosiddetta «crisi dei rifugiati» prima, l’inquietante comparsa dei populisti di destra dell’Afd (Alternative für Deutschland) poi, la candidatura infine alla guida dell’Spd di Martin Schulz e lo sconquasso dei sondaggi (ne parliamo qui a fianco). Insomma: la mitica «stabilità» tedesca ha ceduto il passo all’incertezza e all’imprevedibilità. E sotto questo segno si è avviata la campagna elettorale per il Bundestag (la camera bassa del parlamento federale), con il voto fissato per il prossimo 24 settembre.

La Germania resta, in questa congiuntura, così vicina e così lontana dal dibattito italiano. Con l’intervista ad Andrea Ypsilanti iniziamo una serie di colloqui che puntano a offrire qualche elemento di conoscenza in più. E qualche spunto di analisi ulteriore, per provare a comprendere quali potenzialità di cambiamento, per l’Europa tutta, possano annidarsi in una situazione sociale e politica tedesca, in così repentina e cruciale mutazione.

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