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Incubo finito, ora Martina torna reggente «a tempo»

Incubo finito, ora Martina torna reggente «a tempo»Il senatore Matteo Renzi

Democrack Cambia la road map, ma per il congresso non c’è fretta, finché non si trova un candidato

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 10 maggio 2018

La notizia della «trattativa» Lega-5stelle regala una mattinata di sollievo ai dem. L’evento è drammatico – persino storico: la formazione del primo governo populista e sovranista dell’Europa dei paesi fondatori, con una maggioranza sterminata – ma per ora il Pd si gode lo scampato pericolo di un voto anticipato definito da tutti «una iattura» (copyright Lorenzo Guerini). Partono subito le dichiarazioni di guerra: «Faremo l’opposizione più dura possibile», attacca il presidente Orfini.

Ma per fare l’opposizione, tanto più quella «durissima» che si annuncia, ci vuole un leader da battaglia. Che per ora non si vede. E così nel Pd che per un giorno aveva ritrovato l’unanimità sul nome di Maurizio Martina, causa fifa blu del voto, tutto torna in ballo.

Va da sé che l’improvvisa scomparsa del voto dall’orizzonte cambia – ancora una volta dal 4 marzo – tutta la road map che i dem si erano dati per affrontare la precipitazione elettorale. Sfuma per Martina il sogno, durato una sola notte, di diventare segretario del Pd alla prossima assemblea nazionale convocata per il 19 maggio. L’assemblea per ora resta. «Con la formazione del governo cade ogni urgenza di andare a congresso», spiega un renziano di rango, «l’assemblea si riunirà e deciderà se procedere all’elezione del segretario o convocare il congresso che, da statuto, si dovrebbe aprire nel giro di un paio di mesi e, quindi, concludere con le primarie ad ottobre o novembre».

Non c’è più fretta di nulla: anche perché la maggioranza renziana ha il problema di trovarsi un candidato. Lorenzo Guerini è in pole position, ma anche Matteo Richetti aveva annunciato la sua corsa in caso di apertura dei gazebo. Stesso problema ha però la minoranza, orientata fino a ieri a sostenere Martina. Spiega Andrea Orlando: «Mi pare che l’obiettivo sia dare un segretario al partito che imposti un congresso che deve avere un carattere rifondativo. Mi pare che Martina, se non ci sono stati cambi di orientamento, possa essere questo punto di riferimento sul quale si può riconoscere l’intero partito».

Ma è difficile che il nome di Martina sopravviva a lungo nella nuova fase del Pd. Anche perché il reggente ha sempre spiegato di non voler essere un «segretario a tempo». Da parte renziana viene spiegato che «può anche restare, ma assicurando che poi non si candiderà alle primarie per la segreteria». Altrimenti l’assemblea potrebbe subito aprire il congresso e i poteri della «reggenza» passare da statuto in mano al presidente Orfini. Eventualità che la minoranza vorrebbe scongiurare, anche se «ci sarebbe la commissione congresso a fare da garanzia» per le varie componenti dem, si spiega dal fronte renziano.
Insomma i dem che secondo Graziano Delrio sono «uniti, forti e determinati» devono di nuovo ricominciare tutto da capo. Accantonando forse anche la figura di Paolo Gentiloni, con suo grande sollievo. Il premier era stato indicato come candidato di una coalizione che rimettesse insieme i cocci del centrosinistra: il Pd con suoi fuoriusciti. Operazione difficile con Renzi ancora protagonista del Nazareno.

Anzi. Potrebbe persino finire che quelli che dovevano essere alleati in una coalizione di governo non riusciranno neanche a fare insieme opposizione. Il Pd preannuncia un atteggiamento rigoroso e durissimo. Liberi e uguali, «dialogante» coi grillini e dunque colta alla sprovvista dalla nascita del governo giallo-verde, già si interroga sull’atteggiamento che dovrà tenere sui provvedimenti sociali promessi. Ammesso che arrivino.

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