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Incubi high tech dalla guerra all’Area 51

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Videogames «Daymare 1994: Sandcastle», Survival horror made in Italy

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 30 settembre 2023

Mai come in questi ultimi anni l’Italia si sta muovendo nel creare videogiochi interessanti, non solo eccellendo, come nel caso di Milestone e il suo iconico MotoGp, nel settore sportivo. Soprattutto l’inflazionato mondo dei survival horror sembra essere il campo da gioco preferito dai nostri creativi e sviluppatori. Come dimenticare il bellissimo Remothered: broken porcelain di Chris Darril (Mario Christopher Darril Valenti), sorta di aggiornamento del classico Clock tower, o l’elegiaco Martha is dead dei fiorentini LKA con il coraggio di portare in un videogame i temi scomodi della follia, dell’aborto e della guerra? Quello che contraddistingue noi italiani è la delicatezza dove i giapponesi in questo campo si lanciano in nefandezze e ritmo, il raccontare l’irraccontabile videoludico riuscendo a creare delle vere esperienze emotive. Più storia che action quindi, dei walking simulator più interattivi. Questo almeno fino a Daymare: 1998, imperfetto ma interessante survival horror, che nel 2020 riuscì nell’arduo compito di far parlare di sé in tutto il mondo per essere l’evoluzione di un precedente progetto del team, gli Invader Studios, ovvero quel Resident Evil 2 remake fan made che stava battendo sul tempo anche la Capcom con l’ufficiale Resident Evil 2. Noi gli italiani avevamo mostrato i muscoli, ed eravamo riusciti, grazie soprattutto alla nostra creatività e talento, a partorire un topolino dall’aspetto di un magnifico gigante, Davide che agitava fiero la fionda sul gargantuesco Golia.

Pur con l’aiuto della stessa Capcom, Daymare: 1998 non aveva però la forza di gareggiare per assurdo con lo stesso Resident Evil 2, che nel frattempo il colosso giapponese aveva magnificamente dato alla luce, risultando alla fin fine un prodotto fuori tempo massimo e con ancora molte spigolosità nel gameplay. Un prodotto che era sì discreto, ma non quel capolavoro che ci si sarebbe aspettato. Sono però passati ben 3 anni dal primo capitolo e ora Daymare 1994: Sandcastle riesce ad arginare quella lieve delusione del passato mostrandoci quello che, nel 2020, era un talento inespresso.

Prima di tutto Invader Studios riesce ad umanizzare il suo personaggio principale, questa volta non un semplice e generico soldato simil Umbrella Corporation, ma una donna, in un’epoca di donne forti ed emancipate, la soldatessa Dalila Reyes, appena uscita dall’incubo della guerra del golfo, e catapultata in altri orrori, quella della celebre Area 51. Finalmente oltre ad un gioco ben studiato, ben scritto e caratterizzato da ben pochi momenti morti, si riesce a calibrare una dose massiccia e concitata di action con un’ambientazione spaventosa e alla Resident Evil, inedita e high tech.

7 ore complessive di gioco che, è vero possono sembrare poche, ma che sono abbastanza per godere una storia non banale con personaggi che finalmente non sono semplici pedine di un universo solo abbozzato sulle ceneri di un progetto cercato e negato. Così, in virtù di un prequel eccellente, anche Daymare:1998 acquista una sua «lore» più complessa entrando di forza in un saga non più stand alone ma catapultata in seguiti che, si spera, non tradiranno le premesse di questo capitolo.

Grafica eccellente, «gameplay» intuitivo ma coinvolgente, mostri tanti e numerosi, una storia che appassiona e un’arma incredibile, una sorta di cannone capace di rallentare i nemici più feroci grazie all’azione dell’azoto liquido, riproponendo così, in chiave inedita, l’abusato «bullet time» del decennio scorso. Così i mostri vengono con gioia fatti a pezzi con deflagrante potenza senza dare tempo però al giocatore di tirare il fiato in un continuo attacco e spara nelle fasi più avanzate del gioco.

Forse, se si dovesse trovare un difetto al gioco, è la monotonia del «character design» dei suoi antagonisti, tutti molto simili, ma non è certo questo a penalizzare il nostro punteggio, un 8 pieno, per un videogame che riesce a imporre il marchio italiano nel difficile panorama del «survival horror» nella variante action. Bravi.

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