Lavoro

Incidente alla raffineria Api di Falconara, 18 indagati

Incidente alla raffineria Api di Falconara,  18 indagatiRaffineria Api di Falconara

Disastro ambientale, rischio di esplosioni, gestione illecita di rifiuti speciali, abuso d’ufficio e istigazione alla corruzione. Sono diciotto le persone denunciate per l’indagine «Oro nero» sulla raffineria Api di Falconara

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 27 luglio 2022

Disastro ambientale, rischio di esplosioni, gestione illecita di rifiuti speciali, abuso d’ufficio e istigazione alla corruzione. Sono diciotto le persone denunciate per l’indagine «Oro nero» sulla raffineria Api di Falconara. L’inchiesta dei carabinieri del Noe e della procura di Ancona si è chiusa nella giornata di lunedì ed era cominciata nel 2018, dopo il pauroso incidente sul tetto di uno dei serbatoi di greggio che liberò una nuvola di gas sopra la cittadina costiera delle Marche. Per gli inquirenti quell’incidente si poteva tranquillamente evitare, se solo la gestione dell’impianto non fosse stata fatta all’insegna del risparmio, evitando ispezioni e manutenzioni che sarebbero costate almeno 8 milioni di euro.

L’indagine – che sin qui è stata molto tecnica, con l’ausilio di un gran numero di consulenti e diversi sopralluoghi con raccolta di materiali, audizioni di testimoni, consulenze e analisi di documenti di vario genere – ha ricostruito in maniera molto dettagliata il meccanismo di gestione della raffineria, evidenziando la violazione pressoché sistematica delle indicazioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione ad operare. Inoltre sarebbero venute fuori carenze strutturali degli impianti e la «diffusione incontrollata e prolungata» di agenti inquinanti nell’aria: l’Api di Falconara, pur avendo ottenuto nel 2018 le autorizzazioni dal ministero dell’Ambiente ne avrebbe in più occasioni violato le prescrizioni e i limiti di emissione. Da qui la sfilza di rilievi della procura, tra questioni ambientali e reati contro la pubblica amministrazione.

Nello specifico, si legge in una nota del Noe, «le emissioni sono state cagionate dal rilascio in atmosfera di composti gassosi quali ossidi e biossidi di azoto ed anidride solforosa a sua volta provocato dalla combustione di gpl. Tale gas, non essendo commercializzabile in considerazione dell’alto tenore di zolfo e del residuo all’evaporazione, è stato in più giornate bruciato nella torcia idrocarburica della raffineria al solo scopo di disfarsene».

L’Api, dal canto suo, sottolineando di aver «fornito massima cooperazione agli inquirenti» durante i quattro anni di indagini, sostiene di avere «la certezza del corretto operato delle sue persone e l’incondizionata fiducia nella magistratura giudicante, davanti alla quale è pienamente fiduciosa di presentare le prove e gli argomenti circa la totale infondatezza delle ipotesi accusatorie».

Il comitato cittadino Mal’aria ha accolto con favore la notizia della chiusura delle indagini e prosegue nella sua battaglia contro l’Api, una vicenda che a Falconara si strascina in avanti ormai da decenni e che vede continue polemiche e scontri, oltre che ormai anche un discreto quantitativo di indagini per reati ambientali. Giusto la settimana scorsa, l’ex consigliere comunale ed esponente del comitato Roberto Cenci, denunciato dall’azienda, è finito sotto processo per diffamazione. Alla prima udienza, davanti al palazzo di giustizia di Ancona, un centinaio di ambientalisti ha dato vita a un presidio di solidarietà nei suoi confronti.

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