Un decreto di sequestro preventivo per 70 milioni tra Roma e Milano, ieri mattina, ha impresso un’accelerazione all’indagine della procura di Roma sull’affidamento complessivo di 1,25 miliardi fatto dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri a tre consorzi cinesi per l’acquisto di 800 milioni di mascherine, durante la prima ondata della pandemia, attraverso l’intermediazione di imprese italiane. Le accuse ipotizzate sono ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, traffico di influenze (aggravato dal reato transnazionale), illeciti in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Le società intermediarie avrebbero percepito commissioni per decine di milioni, non erogate però dalla struttura commissariale che non le aveva sotto contratto.

Otto gli indagati: Andrea Vincenzo Tommasi, Mario Benotti, Antonella Appulo, Daniela Guarnieri, Jorge Edisson Solis San Andrea, Daniele Guidi, Georges Fares Khozouzam e Dayanna Andreina Solis Cedeno. Quattro le imprese coinvolte: Sunsky srl, Partecipazioni Spa, Microproducts It Srl e Guernica Srl. La fornitura riguardava mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3. Sotto sequestro le quote societarie, disponibilità finanziarie, polizze assicurative, immobili a Roma, Pioltello e Ardea, auto, moto, gioielli, orologi e uno yacht.

Matteo Salvini è tornato ad attaccare Arcuri: «Cambiamento e trasparenza, questo chiedono gli italiani dopo mesi di inefficienza e documenti nascosti o secretati». Per ora Arcuri resta per acquisto e distribuzione vaccini. «Risulta evidente – si legge nella nota diramata ieri – che la struttura commissariale e il commissario Arcuri (estranei alle indagini) sono stati oggetto di illecite strumentalizzazioni. I legali stanno valutando la costituzione di parte civile». Anche gli avvocati di Benotti rigettano: «Ha agito in veste di consulente su esplicita e reiterata richiesta, orale e scritta, del commissario. Tra l’altro, il commissario aveva fatto a Benotti uguale richiesta anche per i ventilatori polmonari».

Dagli atti risultano 1.280 contatti telefonici tra Benotti e Arcuri, nel periodo gennaio – 6 maggio 2020. «Contatti giornalieri – si legge nel decreto – nei mesi di febbraio, marzo e aprile: a conferma di un’azione di mediazione iniziata ben prima del 10 marzo (quando è cominciato il lockdown ndr). Dal 7 maggio, invece, nessun contatto. Ciò benché tanto la cordata Benotti/Tommasi, quanto il Solis Sorge abbiano insistentemente ricercato Arcuri, avendo intenzione di proporgli nuovi affari (dai tamponi ai guanti, a nuove mascherine)». Il 20 ottobre Benotti confida a Guarnieri «la sua frustrazione per essersi Arcuri sottratto e il timore che potesse essere sintomatico di una notizia riservata su qualcosa che “ci sta per arrivare addosso”».

Il primo contratto di fornitura è del 25 marzo, quando la struttura commissariale non esisteva ufficialmente. I magistrati evidenziano «l’informalità con la quale si è proceduto rispetto ad accordi intercorsi tra le parti prima del 10 marzo e dunque ben prima del lockdown nazionale. In quel momento nessuna norma consentiva ancora deroghe al codice dei contratti. Vi era già un concerto sui passi da compiere e i facilitatori stavano tessendo le relazioni che avrebbero consentito lauti guadagni».

I pm aggiungono: «Allo stato non vi è prova che gli atti della struttura commissariale siano stati compiuti dietro elargizione di corrispettivo». Ma in almeno due occasioni appaiono riferimenti ad accordi spartitori: «In particolare a qualcuno che attende di ricevere denaro in una valigetta con disappunto di Benotti, il quale afferma ”è un lavoro che si fa senza valigetta”. E a quello con cui Benotti intenderebbe dividere i 2 milioni e mezzo di euro».

I magistrati sottolineano «l’anomalia dell’intermediazione occulta (rimarcata anche dall’Uif come sintomatica di corruzione), la pletora di soggetti interessati, alcuni del tutto sconosciuti alla struttura commissariale, i continui riferimenti da parte dei soci alla necessità di un accredito personale con il commissario Arcuri, quale passe partout per ottenere commesse pubbliche». E ancora: «Raccapricciante l’aspettativa di Jorge Solis che a novembre ci sia un lockdown nazionale perché da questo si attende lucrosi affari». Solis ha i contatti in Cina, Tommasi e Guidi hanno struttura economica e capacità di organizzare il trasporto, Tommasi vanta anche un rapporto personale con Arcuri. «Si comprende quindi – si legge ancora negli atti – che il comparto privato in discorso abbia un certo ascendente sulla struttura commissariale, la quale non appare interessata a costituire un proprio rapporto con i fornitori cinesi preferendo affidarsi a free lance desiderosi di speculare sull’epidemia».