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Incendi e cemento, il triste primato della Calabria

Incendi e cemento, il triste primato della CalabriaUn canadair mentre interviene alla periferia di Reggio Calabria

Ambiente Sono bruciati 30mila ettari, il 5% del manto boschivo, mentre il cemento si è mangiato il 26% della superficie agricola. Il Sud in testa al disastro ambientale

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 29 agosto 2017

Il cemento, pervasivo ed abusivo, non è il solo nemico del paesaggio italiano e, in particolare, di quello del Mezzogiorno. Negli ultimi mesi ha infuriato in tutta Italia, e continua ad infuriare soprattutto nel meridione, il fuoco devastatore degli incendi, tutti dolosi.

Secondo l’elaborazione di Legambiente, condotta sulla banca dati del progetto Copernicus della Ue, le regioni italiane più colpite, al 26 luglio 2017, sono la Sicilia con 25.071 ettari distrutti dal fuoco, la Calabria con 19.224 ettari e ancora la Campania (13.037), il Lazio (4.859), la Sardegna (3.512), la Puglia (3.049).

Dal 26 luglio ad oggi la situazione è molto peggiorata soprattutto in Calabria nella quale, nel periodo che va dal 1 giugno al 25 agosto 2017, gli incendi sono stati 7372 (fonte Protezione civile Calabria) con una superficie percorsa dal fuoco che si ipotizza, non abbiamo ancora dati definitivi, sia superiore ai 30.000 ettari, il 2% dell’intero territorio regionale, il 5% del suo manto boschivo.

Una catastrofe di dimensioni bibliche, se si tiene conto, per esempio, che nel solo incendio di Longobucco, in provincia di Cosenza, sono andati in cenere più di 8.000 ettari di bosco (stime Protezione civile regione Calabria). Un’apocalisse di fuoco che ha incenerito, in tre mesi, i boschi, le pendici delle montagne precipiti sul mare, le valli e le pianure coltivate, il terzo paesaggio delle sterminate periferie urbane, ha bruciato anche la maestosa “magna Sila” di Virgilio senza che nessuno riesca a porvi rimedio.

La Calabria, già nel 2016, era stata la regione più colpita da questo crimine con 4391 incendi; nel 2017, con 7372 incendi fino ad oggi, sarà di nuovo, purtroppo, al primo posto. Una devastazione che si aggiunge a quella perpetrata per mezzo del cemento che (dati Istat) ha consumato il 26 % della superficie agricola della regione dal 1990 al 2005. La Calabria è, purtroppo, anche la regione italiana che (dati Istat) presenta il maggior numero di abitazioni rispetto al numero di abitanti: 1.243.643 alloggi, di cui 482.736 vuoti, per poco meno di 2 milioni di abitanti. Solo a Cosenza i vani vuoti sono 165.398 e la sua provincia è la seconda in Italia per numero, 15.188, di immobili degradati.

Gli incendi colpiscono ogni anno non solo le stesse regioni, quelle meridionali, ma addirittura le stesse province. Nel 2017, secondo Legambiente, con un’azione preventiva in sole 10 province (Cosenza, Salerno, Trapani, Reggio Calabria, Messina, Siracusa, Latina, Napoli, Palermo, Caserta) si sarebbero potuti salvare quasi 50.000 ettari, il 64% circa del totale bruciato.

La regione Calabria, che ha il 40,6% della sua superficie regionale coperto da 613.000 ettari di boschi e foreste, ha approvato solo il 12 giugno 2017 il Piano Aib (antincendi boschivi) 2017 e solo il 4 luglio ha sottoscritto l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Al 26 luglio, secondo Legambiente, non aveva ancora indicato il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi, pur avendo a disposizione gli 8.076 dipendenti dell’Azienda regionale Calabria Verde che gestisce più di 6.000 operai forestali.

Tutte le regioni meridionali sono in ritardo nell’attuazione della legge 353 del 2000, ma la Calabria si distingue per immobilismo al punto che non si è riusciti, nemmeno, a far tornare dalle loro super-ferie i consiglieri regionali per una riunione urgente del Consiglio, mentre la Regione affitta, a caro prezzo, mezzi aerei che non possono fermare, da soli, gli incendi per insufficienza del numero di uomini e di squadre a terra.

Non c’è bisogno di ricordare, forse, che a bruciare il Mezzogiorno e la Calabria sono, soprattutto, le mafie che usano il fuoco per aggiudicarsi appalti per manutenzione e per rimboschimenti, per assunzioni clientelari di personale forestale, per aumentare le superfici di pascolo o di edificabilità dei territori, per ritorsioni e come strumento di ricatto, forse anche per favorire la costruzione di centrali a biomasse.

Il paesaggio sta per essere cancellato dalla mano dell’uomo compromettendo, per sempre, la stabilità degli spazi geografici e dei paesaggi che garantisce alle società un senso di perpetuità in grado di conservare la memoria individuale e quella collettiva, l’identità.

La sfida politica per le forze di sinistra è quella di porre al centro del loro programma un gigantesco e capillare piano di risanamento dei territori, dei mari, dei boschi, dei fiumi e delle coste che impegni, da subito, alcune decine di migliaia di giovani. Si potrebbe iniziare, per esempio, dall’area dell’ex Liquichimica di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria.

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