Incantevole Bohème ma troppa tradizione
A teatro Nuovo allestimento alla Scala per l'opera pucciniana. Sul podio la coreana Eun Sun Kim
A teatro Nuovo allestimento alla Scala per l'opera pucciniana. Sul podio la coreana Eun Sun Kim
La redazione consiglia:
Zeffirelli, l’arte del provocatoreCERTAMENTE un pezzo di storia, un omaggio alla «tradizione scenografica ottocentesca», ebbe a dire il regista, «un atto d’amore per un’idea tradizionale della messinscena operistica», che tenta di resuscitare «un mondo in una visione poetica, struggente, per gli effetti scenici, per il movimento delle masse, per le prospettive architettoniche dei fondali», un esercizio di filologia ed estetica che certamente arriva efficace fino a noi, ma è da sessant’anni l’unica versione di Bohème che al pubblico milanese è concesso vedere. Allora la domanda un po’ perfida diviene inevitabile: quando la crepuscolare soffitta parigina immaginata da Zeffirelli verrà messa per qualche tempo in soffitta, in attesa che la sua memoria vividissima sbiadisca un po’, si faccia desiderare e magari venga ripresa con una frequenza meno opprimente?
SUL PODIO, a raccogliere il testimone passato per le mani di Sonzogno, Prêtre, Gavazzeni, Kleiber, Bartoletti, Dudamel e altri, c’è la coreana Eun Sun Kim, al suo debutto scaligero. La sua direzione è energica ma indifferente alla vena malinconica della musica pucciniana (penso in particolare alla rarefatta alba nevosa del terzo quadro e al tristissimo finale) e alle esigenze più schiettamente liriche del canto, col risultato che la dinamica (forte) e il tempo (andante) prevalenti costringono la partitura a una baldanza che le appartiene solo in parte. Ad animare l’attempata produzione c’è un cast di prim’ordine. Nel ruolo di Mimì Marina Rebeka, di recente fischiata nei verdiani Vespri siciliani, ritrova un ruolo nelle sue corde, spingendo forse un po’ troppo sugli acuti, come del resto il suo partner, Freddie De Tommaso, a suo agio nel ruolo di Rodolfo, entrambi vittime del frastuono concertato dalla direttrice.
Nel ruolo di Musetta la sbiadita Irina Lungu. Tutte generose, infine, le voci degli squattrinati Marcello (l’ottimo Luca Micheletti), Colline (Jongmin Park) e Schaunard (Alessio Arduini), che non hanno mai suonato così bene insieme, animando le scene più convincenti dell’allestimento, quelle genuinamente gagliarde dei giovani artisti che si fanno beffe di tutto, comprese la povertà e la fame (l’inizio del primo e del quarto quadro).
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