Lavoro

Inail, alle origini dei morti sul lavoro: irregolarità nell’86% delle aziende ispezionate del 2020

Inail, alle origini dei morti sul lavoro: irregolarità nell’86% delle aziende ispezionate del 2020Una protesta contro l'insicurezza che causa le morti sul lavoro – LaPresse

Il caso Presentato il rapporto annuale. 29% morti sul lavoro in più nel 2020 rispetto all’anno precedente: 1538 persone. Nel primo trimestre 2021 sono in aumento: +9,3%, 306 morti. 639 decessi per Covid, in particolare tra il personale sanitario. Dall'inizio della pandemia a maggio 2021 sono stati denunciati 175.323 contagi sul lavoro

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 20 luglio 2021

L’ottantasei per cento delle 7.486 imprese controllate dagli ispettori dell’Inail nel 2020 sono risultate irregolari per quanto riguarda la protezione della sicurezza o i contratti dei lavoratori. Per capire la ragione degli omicidi del lavoro che solo l’anno scorso hanno colpito 1538 persone, con un incremento record del 27,6% rispetto al 2019, bisogna partire da questo dato che attesta le irregolarità o l’attività in grigio e in nero svolta nelle aziende. Ogni morte ha una causa, e questa causa discende direttamente dalla mancanza di tutele, non solo fisiche, dei lavoratori.

Alla ricerca delle cause di questo sistema omicida va aggiunta anche il progressivo assottigliamento degli ispettori. I numeri sono impressionanti: su tutto il territorio nazionale l’Inail poteva contare a dicembre 2020 solo su 246 ispettori. Nel 2019 erano 21 in più, proprio nell’anno solare in cui le vittime del lavoro sono aumentate. È chiaro che, in queste condizioni, nessuno può prevenire nulla né può svolgere un capillare lavoro di sanzione contro gli imprenditori che risparmiano sulla sicurezza, parte non secondaria di una politica strutturale mirata al taglio dei salari, oltre che delle tutele fondamentali. Con un numero almeno dieci volte superiore non è escluso che la macroscopica realtà svelata ieri dall’Inail possa essere confermata. Questo è il contesto sociale descritto dalla relazione annuale 2020 dell’Inail presentata ieri alla Camera dal presidente Franco Bettoni il quale ha detto che «non è sufficiente indignarsi ma occorre agire. Le norme ci sono e vanno rispettate. È necessario un impegno forte e deciso di tutti per realizzare un vero e proprio “patto per la sicurezza” tra istituzioni e parti sociali, potenziare la formazione e l’informazione per costruire una cultura della sicurezza, a partire dal mondo della scuola».

«È una realtà inaccettabile» ha commentato il ministro del lavoro Andrea Orlando a proposito della percentuale delle imprese irregolari. Non diversamente da quanto accade da anni anche ieri Orlando ha rinnovato gli annunci sull’aumento delle assunzioni degli ispettori: «Dopo anni di tagli dobbiamo investire in formazione, informazione, assistenza alle imprese e vigilanza» ha detto orlando. E ha parlato anche di «uno sforzo sinergico e costate che miri alla razionalizzazione e all’aggiornamento del sistema di prevenzione». Nel frattempo questo è il bilancio del primo quadrimestre del 2021: 306 morti , il 9,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Il massacro continua, mentre si annunciano «razionalizzazioni» e «sinergie».

Sono importanti anche i dati delle vittime del Covid tra gli operatori sanitari. La loro è una delle realtà cancellate dal dibattito strumentale e unilaterale costruito in questi mesi al fine di rimuovere la gravità dell’emergenza pandemica, oltre che le sue cause. Sono un terzo del totale delle morti segnalate dall’Inail. Dall’inizio della pandemia a maggio 2021 sono stati denunciati 175.323 contagi sul lavoro mentre i decessi segnalati sono stati 639. Medici di famiglia e medici liberi professionisti sono tra le categorie che non possono beneficiare della copertura assicurativa e delle conseguenti prestazioni economiche, sociosanitarie, riabilitative e di reinserimento. Questo ha pesato nei mesi del Covid. L’Inail chiede l’estensione della tutela assicurativa agli oltre 3 milioni di lavoratori che non ne hanno ancora diritto. Quindici mesi di pandemia non sono ancora serviti a garantire almeno questa tutela.

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