Visioni

In viaggio verso l’età adulta alla scoperta della libertà

In viaggio verso l’età adulta alla scoperta della libertà

Al cinema Il racconto di formazione di «Blue my Mind - Il segreto dei miei anni», film d'esordio della svizzera Lisa Bruhlmann

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 20 giugno 2019

Niente di neanche lontanamente vicino alla leggerezza di Splash una sirena a Manhattan, in Blue My Mind –esordio della svizzera Lisa Bruhlmann, siamo più dalle parti di Thelma in quanto a atmosfere livide da Nord Europa, a tensione para-horror, all’uso delle metamorfosi del corpo come metafora dei grandi tumulti che investono «la stagione di mezzo». In qualche misura, forse, c’è un po’ di Girl, in termini di ossessione e di un certo tipo di cinema-gabbia dove abbondano gli spazi chiusi, in antitesi con la vastità del mare che fin dalla più tenera età attrae e seduce la protagonista.

Quella trasformazione che però in Lara era ricercata e voluta, per la coetanea Mia, anche lei quindicenne come l’aspirante étoile transgender nel film di esordio di Lukas Dhont, appare invece come una condanna cui non ci si può sottrarre, un percorso oscuro e lacerante che solo alla fine, dopo aver attraversato varie fasi di sconcerto e dolore, può epifanizzarsi in un nuovo inizio, tappa ineluttabile del naturale processo di emancipazione e di distacco dalla famiglia. Di cambiamenti, Mia, ne sta affrontando parecchi. Una nuova casa alle porte di Zurigo, una nuova scuola dove incontra una «bande de filles» prima ostile, poi inclusiva.

IL MENARCA la coglie di sorpresa e da quel momento nulla è come prima. Il corpo evolve in modo inaspettato, incontrollato, come gli istinti che esplodono senza freno. I genitori diventano «estranei» dai quali non si riesce a ottenere le risposte volute. L’unica è abbandonarsi all’istinto, lasciarsi andare a quegli eccessi giovanili che il cinema spesso ha raccontato. Certo, non siamo ai livelli del magnifico As Boas Maneiras, premio speciale della giuria a Locarno 2017, geniale favola horror che spiegava come non ci si possa sottrarre al richiamo della Natura, spesso cruenta.E l’inventiva visionaria di Juliana Rojas e Marco Dutra, con il loro originale uso del genere, lascia il passo a un immaginario consolidato e riconoscibile, con buona dose di un simbolismo un po’ facile.

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