Visioni

In un mondo di solitudine e silenzio la crepa nell’ordine di un amore inatteso

In un mondo di solitudine e silenzio la crepa nell’ordine di un amore inatteso

Concorso Storia di Michael Stone, uomo di fama mondiale che scopre l’anomalia di innamorarsi

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 9 settembre 2015

Lui si chiama Michael Stone, aspetto anonimo, fama mondiale, il suo libro è divenuto la Bibbia di tutti coloro in cerca di affermazione: How May I Help You Help Them ovvero come motivare i venditori di tutto il mondo, manager e precari, impiegati e team leader per incrementare le vendite del 100%. Ma cosa ci sarà nella sua testa, quale sarà il suo occhio sul mondo? Facce tutte uguali, maschi e femmine, adulti e bimbi, le voci tutte da uomo, l’unico diverso è lui col suo accento british che a Cincinnati, città con lo zoo a misura, faticano a capire. Nei suoi incubi di uffici kafkiani è preda di bramosie nauseanti, nei suoi sogni cerca la crepa nell’ordine e il battito accelerato del cuore, un’anomalia come quella voce delicata che sente all’improvviso, la voce di Lisa, che non somiglia a nessun altro, Lisa, anormale e speciale, Anomalisa.
Eccolo il nuovo e misterioso film di Charlie Kaufman, ieri in gara nell’impennata della Mostra (Guadagnino, Gitai, Bellocchio), bello, bellissimo, stop motion di estremizzazione dei sentimenti e del desiderio, con le voci di David Thewlis (Stone) e di Jennifer Jason Leigh (Lisa) in cui ritornano la poesia ossessiva di Being John Malkovich, la tenerezza malinconica dell’impossibile sincronia amorosa di Se mi lasci ti cancello, le esistenze rigidamente compartimentate di Synecdoche, New York .

Per produrlo Kaufman che lo ha codiretto insieme al regista di animazione Duke Johnson (la prima è stata qualche giorno fa al Festival di Telluride) e si è affidato al crowdfunding, voleva essere indipendente e avere la massima libertà delle sue scelte artistiche. E Anomalisa è un film liberissimo come la parola con cui gioca, anomalia: una parola che fa paura, che devia dalla regola, che mette in discussione. É questo Lisa, che Stone incontra nell’albergo di lusso, impersonale come il mondo, la notte prima di una conferenza, dopo essere stato respinto da una ex scaricata undici anni prima. Lisa è timida, si sente una sfigata perché non è come gli altri, è una sua ammiratrice; lavora al call center e ha divorato il suo libro anche se con il dizionario accanto. É lì insieme a un’amica, quella bella che tutti rimorchiano di solito, molti mojito alla mela, molti martini con scorza, lui ha cercato la ex cancellata anni prima di colpo che lo ha respinto, e ora ecco la donna delle sue fantasie, la sua voce lo fa impazzire, Lisa canta, racconta, la notte finisce nella stanza di lui ordinatissima come il room service vuole… Ma si può dopo la notte vincere l’ansia del risveglio, la presunzione di essere diversi, la paura di scoprirsi uguale agli altri?

Ci vuole poco per finire in mille pezzi, l’esistenza può collassare in ogni momento. «Non vi rendete conto che il sistema scolastico è stato distrutto per creare ignoranti da spedire in guerra» grida Stone sul palco tra un sorriso ai clienti e l’altro. Meglio forse tornare all’ordine … Nel film di Kaufman – che si candida al Leone – ritroviamo tanto, e bene, del nostro sopravvivere oggi: chi siamo noi? Che cosa vogliamo? Chi è chi ci sta attorno? Soprattutto, c’è qualcuno che ci ascolta, ovvero, ascoltiamo qualcuno, avvertiamo qualcosa che non sia un flusso indifferenziato nell’era dell’individuo divenuto social? Non è la prima volta per il regista – all’opera seconda – e sceneggiatore dei migliori film di Gondry, ma questo viaggio visionario in una mente scollata dagli altri spinge all’estremo i luoghi della sua poetica, la cifra dell’animazione permette di astrarre e di erotizzare al tempo stesso, di rendere visibile la metafora, le paranoie, l’intimità profonda in una dimensione fisica, con umorismo, senza cadute né ridondanza. Un paesaggio di solitudine e silenzio, in cui la fantasia e l’imprevisto sono stati eliminati.
Una condizione dolorosa (anche se nel film si ride molto, e certe scene, coi due imbarazzati e goffi protagonisti insieme sfiorano la slapstick) di un’inquietudine che ci riguarda, come quella ricerca ingenerosa di chi si concentra solo su di sé. E Kaufman ha la misura e il tocco per smascherare quell’ordine con implacabile dolcezza. Forse l’anomalia è l’amore inatteso e spaventoso, come una canzone «sconcia» giapponese.

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