In un mese di zone a colori 25mila ricoveri in meno
Covid-19 Uno studio su Nature Communications dimostra che il sistema delle “zone a colori” è stato un successo, in grado di risparmiare 25 mila ricoveri in un mese e di riportare il virus sotto controllo in tre settimane. Con l’arrivo dei vaccini, tuttavia, le regioni hanno chiesto (e ottenuto) di cambiare i criteri
Covid-19 Uno studio su Nature Communications dimostra che il sistema delle “zone a colori” è stato un successo, in grado di risparmiare 25 mila ricoveri in un mese e di riportare il virus sotto controllo in tre settimane. Con l’arrivo dei vaccini, tuttavia, le regioni hanno chiesto (e ottenuto) di cambiare i criteri
Il sistema di zone colorate introdotto con il Dpcm del 3 novembre del 2020 ha evitato circa 25 mila ospedalizzazioni. È il risultato principale riportato da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), dell’Inail e dalla Fondazione “Bruno Kessler” di Trento, guidati dall’epidemiologo trentino Stefano Merler.
Lo studio ha confrontato la prima e la quarta settimana di novembre, a cavallo dell’introduzione delle zone a colori, rilevando come le zone abbiano modificato i comportamenti la trasmissibilità del virus.
LE ZONE GIALLE hanno ridotto la trasmissione del 13-19%, stabilizzando intorno a 1 l’indice Rt (cioè il numero medio di persone contagiate da ogni positivo sintomatico). In altre parole, non sono state sufficienti a fermare l’epidemia ma ne hanno impedito la crescita esponenziale. Maggiore l’impatto delle altre zone.
La zona arancione ha ridotto la trasmissione del 27-38%, abbassando Rt a 0,80-0,93. Quella rossa ha frenato il contagio del 36-45%, portando Rt fino a 0,74-0,83. In 85 province su 107, dopo tre settimane dall’introduzione delle zone l’epidemia è tornata sotto controllo.
I 25MILA RICOVERI in meno calcolati dai ricercatori rappresentano oltre la metà delle 44mila ospedalizzazioni effettivamente avvenute nello stesso periodo. Ma rappresentano in ogni caso una sottostima dell’impatto benefico del sistema a zone colorate. Se il contagio non fosse stato rallentato dalle restrizioni, il numero di ospedalizzazioni sarebbe risultato molto più elevato anche nei mesi successivi a quello monitorato nello studio.
Sul piano dell’efficacia, dunque, le zone a colori si sono rivelate un successo.
Il sistema ha però limitato la libertà di movimento delle persone. Le ore trascorse in casa, che prima della pandemia ammontavano mediamente a 16, con le zone colorate sono salite a 18,7. Molte, ma meno delle 20,3 misurate all’epoca del lockdown. Il dato è stato ricavato dai dati messi a disposizione da Google, che raccogliendo informazioni attraverso i telefoni Android possiede la più ricca banca dati relativa alla mobilità. Le limitazioni hanno avuto l’impatto maggiore sul tempo trascorso nel trasporto pubblico, calato fino al 50% in zona rossa.
Non è detto che le zone mantengano la loro efficacia anche in futuro. Rispetto al Dpcm del 3 novembre, il governo ha modificato i criteri utilizzati per fissare le restrizioni. Quelli nuovi non si basano più su indicatori di allerta precoce, che si sono dimostrati efficaci ma che hanno spesso scontentato le regioni. Molti governatori, infatti, li hanno ritenuti troppo prudenti rispetto alla situazione reale del contagio.
DAL 22 LUGLIO i “colori” scattano in base al tasso di occupazione degli ospedali e dell’incidenza dei casi positivi nella popolazione. Il nuovo sistema, proposto dalle stesse regioni, punta sull’effetto benefico della campagna vaccinale, che ha ridotto l’impatto della malattia sugli ospedali.
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