Visioni

In stato di grazia, il festival di Teho Teardo per trascendere l’ordinario

In stato di grazia, il festival di Teho Teardo per trascendere l’ordinarioMarisa Andersonlive a In stato di grazia – Foto di Anna Bechis

Musica La prima edizione della manifestazione ha radunato quattro musiciste tra cui Marisa Anderson e Keeley Forsyth

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 28 settembre 2022

«Certe volte nella musica mi è chiaro il senso di possibilità che si manifesta anche attraverso il suono. Una forza celeste che mi sorprende e aiuta a rivedere il pianeta con uno sguardo diverso. Nonostante i tempi difficili e oscuri in cui viviamo, nel lavoro di alcuni artisti c’è quella libertà di desiderare, sognare. Lo è anche nella musica ed è sufficiente anche quando dura un solo istante. Uno stato di grazia. E il primo desiderio che ho è di condividerlo». Così il musicista Teho Teardo, direttore artistico della prima edizione di In Stato Di Grazia, che raduna quattro musiciste sul palco dell’Auditorium del Conservatorio Venezze di Rovigo. Prima tappa di un percorso che si annuncia pluriennale, la giornata si apre con il set di Marta Del Grandi, a presentare in duo il disco Until We Fossilize. Una intro estatica con la unghie della voce a graffiare il cielo e a promettere vette che poi non verranno toccate. Un art-pop delicato, tutto sommato ordinario, troppo corretto per smuovere. Anche il set di Julia Kent non convince a pieno: droni e loop di violoncello, lunghi piani sequenza, ampi panorami e partiture orizzontali dove i suoni si sovrappongono in architetture ordinate, iterative e a dire il vero un poco prevedibili. Grande attenzione alla grana del suono, alcuni lampi struggenti quando irrompono voci sul registro basso, ma anche questo set non esce dai binari dell’ordinario.

DOPO CENA si entra finalmente nei territori dell’extra-ordinario, con due live diversissimi ma entrambi di grande livello. Marisa Anderson, chitarrista e attivista, fruga nel forziere della tradizione americana incantando con un distillato in purezza di folk blues elettrico avvolto in una lenta patina psichedelica. Una lunga, avvolgente teoria di strumentali che galleggiano in un’atmosfera di stupore filmico, nenie che covano il loro fuoco sotto le ceneri, un fuoco da portare come quello che tocca in sorte ai protagonisti del romanzo La Strada di Cormac McCarthy. In chiusura, da brividi il set in duo della cantante, attrice e performer inglese Keeley Forsyth, una sorta di risposta femminile ed elettronica all’ultimo Scott Walker: haiku post atomici grondanti visione. Fondali artici, desolati, fantasmi sibilanti, echi da un mondo sfinito. Verso la fine una cassa da discoteca dell’apocalisse. Ascoltate il suo ultimo Limbs, un disco necessario.

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