Se il centrodestra in Sicilia non stravince nonostante i pesi massimi – a partire dalla premier Meloni – non si siano risparmiati in campagna elettorale, l’area progressista straperde, a conferma che il suo appeal è ai minimi storici. Nei due comuni dove Pd e M5S avevano trovato l’intesa – Catania e Siracusa – il risultato delle comunali è impietoso.

Ai piedi dell’Etna Maurizio Caserta (centrosinistra) viene staccato di oltre 30 punti da Enrico Trantino (centrodestra); l’avvocato, figlio di Enzo, storico esponente del Msi, vince la sfida con oltre il 60% dei consensi, riconsegnando palazzo degli Elefanti alla coalizione che aveva amministrato il municipio con Salvo Pogliese, che fu costretto a dimettersi (legge Severino) per due volte dopo la sentenza di condanna nell’indagine sulle spese pazze quando era deputato all’Assemblea regionale.

Nella città di Archimede addirittura la candidata progressista Renata Giunta è arrivata terza, alle spalle di Ferdinando Messina (centrodestra) e dell’uscente Francesco Italia (Terzo polo) che vanno al ballottaggio. A Ragusa vince facile il civico Giuseppe Cassì che con circa il 60% delle preferenze sbaraglia le due coalizioni spaccate: Riccardo Schininà del Pd si ferma intorno al 19%, Giovanni Cultrera (centrodestra) al 12% e Sergio Firrinceli del M5S al 9% circa.

L’effetto Schlein dunque non c’è stato neanche nell’Isola. Non sta meglio il M5S, che deve fare i conti, come nel resto del Paese, col crollo dei consensi. Vano, stando ai risultati, è stato l’impegno di Giuseppe Conte: il suo tour elettorale è servito a riempire le piazze ma non le urne. Un calo di credibilità che arriva dopo la batosta per il doppio passaggio in Forza Italia di Giancarlo Cancelleri e di Caterina Chinnici. Il redde rationem sembra inevitabile, anche in vista delle europee dell’anno prossimo.

Alquanto anomala la situazione a Trapani, il quarto capoluogo andato al voto. A scrutinio in corso, appare certa la vittoria dell’uscente Giacomo Tranchida, sostenuto da dieci liste civiche. Ad appoggiarlo anche pezzi del Pd e della Lega, che però hanno rinunciato a correre col proprio simbolo, limitandosi a piazzare uomini e donne nelle liste. Un sostegno “clandestino” che ha alimentato le tensioni all’interno dei due partiti, che adesso si ritrovano alleati nella città al di fuori di ogni logica e schema politico.

Un caso che potrebbe avere adesso ripercussioni sul governo Schifani: l’assessore leghista Mimmo Turano, con delega alla Formazione, non è riuscito a convincere molti dei suoi ad appoggiare Maurizio Miceli, esponente di FdI e candidato del resto del centrodestra, costretto a fermarsi intorno al 30% delle preferenze. Sconforto nell’area progressista, con l’ex corrente che faceva capo ad Orfini pronta a chiedere ancora una volta la testa del segretario regionale Anthony Barbagallo. «Aspettiamo i risultati finali anche per rispetto dei tanti militanti impegnati nei seggi in Sicilia in questo momento. Ma se dovessero essere confermati i primi risultati saremmo di fronte ad una vera e propria catastrofe elettorale», dice Antonio Rubino, componente della direzione nazionale del Pd per l’area Bonaccini.

Si conferma mattatore elettorale Cateno De Luca: giunto alle spalle di Renato Schifani alle Regionali in Sicilia dell’anno scorso, il leader di Sud chiama Nord – che è riuscito a fare eleggere due parlamentari alla Camera e al Senato, alle scorse politiche – è il nuovo sindaco a Taormina. Agguanta la poltrona con il 65% dei consensi, più del doppio dell’uscente Mario Bolognari. «Il centrodestra ha dato una bella prova in tutto il territorio nazionale, questo significa che, alla prova dei fatti, il governo Meloni regge benissimo, anzi è stato premiato dagli italiani e deve continuare su questa strada», afferma a caldo il neo sindaco di Catania. Ammette la sconfitta Caserta: «Ho chiamato Trantino, gli elettori hanno sempre ragione».

Nei 128 comuni al voto in Sicilia l’affluenza è stata del 56,39%. Complessivamente hanno votato 756.144 cittadini su 1.340.983 aventi diritto.