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In migliaia a cantare «Bella ciao» nella città della sindaca salvinissima

In  migliaia a cantare «Bella ciao» nella città della sindaca salvinissimaMonfalcone, ieri il flashmob delle sardine

Monfalcone Il freddo non ferma il flashmob. Via il manifesto dall’emeroteca, «leghizzare» l’ex Stalingrado per Cisint è un vanto

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 1 dicembre 2019
Marinella SalviMONFALCONE

Canta Bella Ciao anche la piazza di Monfalcone: piena, pienissima nonostante il vento gelato e quella pista per il pattinaggio messa su in fretta e furia a poche ore dalla manifestazione tanto per creare un ingombro o una sorta di sbarramento. Ma le sardine sono contente di potersi stringere e con questo freddo improvviso lo fanno anche più volentieri. Sono accorse a migliaia, infatti. «Pensano di venire a manifestare da tutta la regione a Monfalcone perché la ex Stalingrado d’Italia è diventata una città leghista? Se questa è la motivazione, per noi è una medaglia» aveva commentato la sindaca più salviniana d’Italia (ops, il sindaco, ché ad Annamaria Cisint non piace sentirsi chiamare al femminile).

E però sì, non c’è dubbio, le sardine del Friuli Venezia Giulia hanno scelto Monfalcone perché in questa città c’è lei, la sindaca che una ne fa e cento ne pensa: il tetto massimo per l’accesso nelle scuole materne dei bambini stranieri, le perquisizioni negli appartamenti con la scusa del sovraffollamento, il daspo urbano per i mendicanti, l’allontanamento dal centro cittadino dei negozi di money transfer, le multe agli operai seduti sul marciapiede a mangiare un panino… Un profluvio di iniziative che sono andate a colpire soprattutto i bengalesi, e tra loro certamente i più poveri, quelli che però fa tanto comodo se lavorano in cantiere, alla costruzione delle enormi navi da crociera di Fincantieri; poco importa se lavorano in nero, se sono taglieggiati, perfino drogati così rendono di più.

Contro i poveri e gli emarginati, con l’alibi del decoro e della sicurezza; perché lo sfruttamento possa continuare, anche più crudele, anche se rasenta la schiavitù. Questa, Monfalcone, in questi ultimi anni.
Ma a Cisint si deve anche tanto altro: gli insegnanti di sinistra messi all’indice perché «a scuola non si fa politica», e chi se lo dimentica!, così come le innumerevoli iniziative per onorare il nazionalismo più becero, con le sfilate di fascisti, dalla Decima Mas a Casa Pound, nel tentativo di cancellare la storia internazionalista e meticcia di queste terre.

Non c’è spazio per il dissenso, per la critica, per una narrazione diversa.

D’altra parte la sindaca di Monfalcone l’aveva fatto capire subito, proprio fresca di elezione, facendo sparire il manifesto dall’emeroteca comunale. Una grande manifestazione di solidarietà, l’autotassazione di tanti compagni, il nuovo abbonamento al “quotidiano comunista” ottenuto a furor di popolo, ma il nostro giornale resta ancora relegato altrove, tra i quotidiani esposti in biblioteca non c’è.
Ma non è finita, anzi: ieri sera, in mezzo a tante sardine, il manifesto c’era più che mai, e non c’è dubbio che continuerà ad esserci, fino a ricomparire anche sugli scaffali della sala di lettura del Comune.

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