In media non stat virtus
Ri-mediamo La rubrica settimanale a cura di Vincenzo Vita
Ri-mediamo La rubrica settimanale a cura di Vincenzo Vita
Sono stati pubblicati sul sito dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni i dati raccolti dallo specifico osservatorio sui media vecchi e nuovi (n.4/2021), che fa capo alla direzione sulle ricerche e le statistiche della stessa Agcom.
Ad una prima scorsa, si potrebbe dedurre che non c’è granché di notizia- bile, essendovi la variabile della pandemia a condizionare proporzioni e caratteri del consumo.
Tuttavia, qualche traccia di un mutamento né occasionale né transitorio si coglie.
In primo luogo, si vede una linea ascendente delle connessioni in banda ultralarga direttamente nelle abitazioni (FTTH, fiber to the home): 12,3% sul totale dei quasi 20 milioni di accessi, +4% rispetto al 2020. Il traffico dei dati aumenta del 75% tra gennaio e settembre del 2021. 44,5 milioni di utenti si sono collegati a Internet nel solo mese di settembre 2021 (+2,3 mln sull’omologo periodo del 2020).
In breve, dunque, si può rilevare che nell’ambito della zona a maggiore evoluzione tecnologica qualcosa si muove, ancorché l’Italia occupi tuttora le posizioni di bassa classifica in Europa. Con gli investimenti previsti dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR) la tendenza potrebbe migliorare.
Assai diverso appare, invece, il quadro dei media classici.
La televisione, la storica regina del sistema, ha un cedimento tutt’altro che irrilevante: tra il settembre del 2020 e quello del 2021 si registra un calo di ascolto del 6,1% (1,37 milioni di persone) nelle fasce di massimo ascolto e del 7,6% (0,73 mln) nel giorno medio. Rispetto al 2017 la discesa è rispettivamente del 10% (2,37 mln) e del 9,7% (0,95 mln).
La Rai sale nell’annata trascorsa dello 0,9% nel giorno medio e dell’1,6% nel prime time; Mediaset scende dello 0,5% e dello 0,7%; Discovery dello 0,5% e dello 0,9%; Comcast/Sky dello 0,2% e dello 0,3%; Cairo/La7 dello 0,3% e dello 0,7%. Le altre televisioni crescono dello 0,6% e dello 0,9%. L’offerta generalista perde complessivamente soprattutto tra le generazioni giovani e dietro la denominazione altre tv si cela la prepotente ascesa delle piattaforme, da Amazon, a Disney a Netflix. E qui sta la faglia, che si allargherà con progressione geometrica. Lo stesso cambio degli apparecchi per renderli adatti alla diffusione dei rinnovati standard richiesti rischia, paradossalmente, di accentuare la tendenza. Se si cambia, vuole il buon senso, si cambia davvero.
L’andamento delle audience si fa chiaro: cresce l’universo della domanda specializzata, stufa della banalità omologata in cui si confondono pubblico e privato nella notte in cui (quasi) tutti i canali sono neri.
La dimensione commerciale ha appiattito programmi e modalità produttive, creando il desiderio di una qualità spesso messa ai margini dai tradizionali palinsesti. L’era delle piattaforme utilizza proprio tale porta di ingresso nell’immaginario. Ecco, però, l’insidia. La curva discendente del video dell’età moderna porta con sé un inesorabile effetto sociale. Il pubblico si frammenta in variegati pubblici, dividendo questi ultimi sulla base delle opportunità di spesa. Dunque, si profila un’inedita frattura digitale: tra chi ha e chi non ha, tra chi sa e chi non sa. Del resto, niente è meno neutro delle tecniche applicate alla fruizione di massa.
Si profila un futuro a due velocità nella conclamata società dell’informazione. Questo ci dicono, con preoccupanti indizi, i dati statistici offerti dall’Agcom. A proposito, la citata autorità dovrebbe pure trarre le conseguenze dalle statistiche che pubblica, avendone i poteri secondo legge.
A dimostrazione che si sta correndo verso due e non una sola società mediale, vengono in amaro soccorso le fotografie del settore editoriale e dei siti/APP di informazione.
I quotidiani nazionali generalisti perdono un ulteriore 9,4% nell’ultima annata, mentre quelli economici scendono del 14,9%. Le copie digitali, invece, aumentano nell’area nazionale del 17,5%. Nel frattempo, ben 37,7 mln di cittadini si sono connessi, però, a siti e applicazioni di news. Se si intrecciano gli addendi, il risultato diviene davvero preoccupante.
Senza regole adeguate un odioso classismo avanza.
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