In Libia «presto nuovo governo». Ma la guerra continua
Il mediatore dell’Onu, Bernardino Léon, è ottimista circa l'imminente formazione di un esecutivo di unità nazionale
Il mediatore dell’Onu, Bernardino Léon, è ottimista circa l'imminente formazione di un esecutivo di unità nazionale
«I nomi dei ministri del governo di unità nazionale ci saranno entro la settimana», è quanto ha assicurato il mediatore delle Nazioni unite per la crisi libica. Bernardino Léon, nel corso di un incontro di due giorni a Bruxelles di sindaci, dirigenti locali e rappresentanti delle tribù libiche. Il diplomatico ha riferito anche di progressi nei negoziati tra i parlamenti di Tripoli e Tobruk in corso in Marocco. «Sarà una discussione difficile» ha aggiunto tuttavia Léon: a pesare sui colloqui c’è l’attacco dell’aviazione di Khalifa Haftar su Tripoli e l’avanzata delle truppe di terra dell’ex ministro della Difesa, il premier di Tobruk Abdullah al-Thinni.
Le Nazioni unite avevano tuonato contro il nuovo tentativo di conquista della Tripolitania da parte di Haftar perché avrebbe fatto perdere credibilità ai negoziatori di Tobruk nei colloqui in corso nella città marocchina di Shirkat. Anche l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini ha chiesto che «cessino le ostilità» per dare una chance al negoziato.
Ma i raid di Tobruk non si sono fermati neppure ieri. È di 24 morti il bilancio degli scontri che continuano dallo scorso venerdì a sud della capitale libica tra miliziani di Misurata e forze vicine ad Haftar.
«Il Congresso nazionale ha perso 11 persone e Haftar ne ha perse 13», ha detto Alaa Howaik, portavoce di Fajr (Alba), il cartello che unisce islamisti moderati e governo di Omar al-Hassi. «Ci sono inoltre un gran numero di persone nelle mani dei Servizi segreti militari», ha aggiunto la fonte che nei giorni scorsi aveva più volte smentito l’avanzata di Haftar verso Tripoli. «Le forze Haftar sono a 50 chilometri da Tripoli e non hanno ancora raggiunto Al Aziziyah», ha però ammesso Howaik che aveva denunciato la campagna mediatica in corso per giustificare un attacco internazionale a sostegno dell’avanzata di Haftar.
Ieri mattina un raid delle forze armate di Tobruk su Tarhuna, cittadina a sud-est di Tripoli dove ha sede una cellula che controlla le operazioni militari di Fajr, da parte delle forze armate libiche, fedeli al governo di Tobruk, avrebbe causato almeno otto vittime tra i civili. La notizia è stata confermata anche dall’ambasciatore degli Stati uniti in Libia, Deborah Jones.
Sarebbero poi in corso grandi manovre per un’invasione di terra delle truppe egiziane dal confine orientale libico (Salloum). Al-Sisi è il principale sponsor di Haftar, lo scorso febbraio con il pretesto della decapitazione di 21 copti a Sirte, il presidente egiziano aveva bombardato islamisti moderati e jihadisti, avviando un blitz di terra mai smentito dall’esercito egiziano. I media locali citano un comunicato delle forze armate per riferire delle manovre Raad 23 (Tuono), in corso al confine tra i due paesi.
In Egitto, non si placano neppure le calunnie nei confronti dell’attivista egiziana Shaimaa el-Sabbagh. Il medico legale, Hisham Abdel-Hamid ha dichiarato ieri che la giovane sarebbe stata uccisa da un proiettile a salve, perché «troppo magra». Il tentativo di discolpare l’alto ufficiale delle Forze di sicurezza, colpevole dell’omicidio della giovane, è in corso dallo scorso 24 gennaio, quando Shaimaa venne uccisa mentre partecipava ad una manifestazione per ricordare il quarto anniversario dale rivolte di piazza Tahrir. L’uomo è stato accusato di percosse e non di omicidio doloso di cui lo accusano i compagni di partito di Shaimaa.
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