«In Kyrghyzistan il ratto della sposa è vietato. E i Talebani non ci preoccupano»
Condizione femminile e geopolitica Parla il ministro degli Esteri kirghiso Ruslav Kazakbaev: «Il nuovo governo afghano ha ribadito di non aver nulla contro i paesi dell’Asia centrale e di voler costruire rapporti di amicizia. Ci auguriamo mantengano la parola»
Condizione femminile e geopolitica Parla il ministro degli Esteri kirghiso Ruslav Kazakbaev: «Il nuovo governo afghano ha ribadito di non aver nulla contro i paesi dell’Asia centrale e di voler costruire rapporti di amicizia. Ci auguriamo mantengano la parola»
La fotografia di una bella donna, il corpo nudo avvolto (a malapena) in una giacca nera, sta facendo scalpore in Kyrgyzistan. A postarla su Instagram è la presentatrice televisiva Zaira Aitbekova. I suoi 1,2 milioni di followers si sono scatenati.
Numerose le critiche nel paese centroasiatico noto per le imponenti montagne celesti del Tien Shan, la spettacolare valle del Karakol, i fitti boschi, i laghi azzurri e il fascino dei nomadi, ma anche per l’alta incidenza del ratto della sposa, retaggio di tradizioni nomadiche. Secondo dati recenti delle Nazioni unite, in questo paese montagnoso un matrimonio su cinque avviene tuttora in seguito al rapimento (e allo stupro) della ragazza.
DI PASSAGGIO A ROMA per l’inaugurazione dell’ambasciata del Kyrgyzistan, il ministro degli Esteri Ruslav Kazakbaev commenta: «Le nostre leggi vietano queste pratiche, così come il matrimonio precoce delle bambine sugellato da riti religiosi. La gente deve rendersi conto che si tratta di violazioni dei diritti umani. Il Kyrgyzistan è uno stato di diritto che rispetta gli impegni internazionali e a inizio novembre una nostra delegazione ha preso parte alla 80ma sessione del comitato dell’Onu per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw)».
IL KYRGYZISTAN CONFINA con Cina, Kazakhistan, Tagikistan e Uzbekistan. Non ha sbocco al mare. Non ha una frontiera con l’Afghanistan, ma in questi decenni Biškek è stata una destinazione per i rifugiati e per i giovani afghani in cerca di una formazione universitaria in inglese. Gli abitanti del Kyrgyzistan sono sei milioni e mezzo. Secondo la Banca Mondiale, il livello di povertà del Paese è assestato al 25% (nel 2020 era al 31%) e un quarto del Pil dipende dalle rimesse dei suoi cittadini sparpagliati per il mondo, principalmente in Russia.
In questi anni il Kyrgyzistan ha avuto le proprie vicissitudini in politica interna. In seguito ai brogli nelle elezioni parlamentari, nell’ottobre 2020 una rivolta popolare (la terza in quindici anni) ha estromesso il presidente Sooronbay Jeenbekov e chiesto lo scioglimento dell’assemblea legislativa.
DURANTE LE PROTESTE, le prigioni sono state aperte e a uscire di galera è stato l’oppositore Sadyr Japarov, condannato a undici anni per aver rapito un politico di una fazione rivale. Ne aveva scontati quattro, quando lo scorso gennaio i kirghisi sono tornai alle urne per eleggerlo presidente. Japarov ha promesso di fare della lotta alla corruzione la sua priorità e di mantenere una relazione stretta con la Russia.
A questo proposito il ministro degli Esteri Kazakbaev osserva: «Nei giorni immediatamente successivi agli eventi dell’ottobre 2020, il nuovo governo ha dichiarato che avremmo rispettato gli impegni internazionali e gli accordi sottoscritti. La nostra politica estera si basa sulla cooperazione con i paesi vicini, gli alleati e i partner strategici. La Federazione russa è stata e continua a essere un nostro partner, abbiamo relazioni privilegiate sia bilaterali sia nel contesto delle organizzazioni regionali di cui facciamo parte. I nostri rapporti con la Russia hanno radici storiche profonde, motivate dalla prossimità geografica e culturale, ma non limitano il nostro desiderio di collaborare con altri».
TRA GLI ALTRI, vi sono gli Stati uniti. Nel 2001 le autorità di Biškek permisero al Pentagono di aprire una base militare per rifornire le truppe americane in Afghanistan, ma nel 2014 decisero di chiuderla. La lotta al terrorismo è un interesse comune tra le autorità di Biškek e la comunità internazionale. Nel luglio 2015 le autorità kirghise dichiararono di aver impedito due attacchi da parte di militanti dell’Isis. Sei combattenti del sedicente Stato islamico furono uccisi in due incursioni nella capitale kirghisa.
ORA, I TALEBANI non sono invece percepiti come una minaccia perché «hanno ribadito di non aver nulla contro i paesi dell’Asia centrale – dice il ministro – e affermano di voler costruire rapporti di amicizia e buon vicinato. Ci auguriamo mantengano la parola. La minaccia maggiore, che precede il ritiro occidentale dall’Afghanistan, viene dalle organizzazioni terroristiche i cui leader provengono dall’Asia centrale. I gruppi radicali usano la tecnologia moderna per reclutare persone e coinvolgerle in attività illegali in paesi terzi. A preoccuparci è il loro ritorno in patria: potrebbe destabilizzare la regione e minarne la sicurezza. A questo proposito, i nostri servizi di intelligence lavorano con le loro controparti di altri paesi dell’Asia centrale».
Errata Corrige
Parla il ministro degli Esteri kirghiso Ruslav Kazakbaev: «Il nuovo governo afghano ha ribadito di non aver nulla contro i paesi dell’Asia centrale e di voler costruire rapporti di amicizia. Ci auguriamo mantengano la parola»
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento