In giro per il mondo alla ricerca dell’alveare (quasi) perduto
Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga sono due giornaliste freelance che da molti anni lavorano assieme e condividono la stessa idea che occorre fare presto per salvare le api, così preziose […]
Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga sono due giornaliste freelance che da molti anni lavorano assieme e condividono la stessa idea che occorre fare presto per salvare le api, così preziose […]
Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga sono due giornaliste freelance che da molti anni lavorano assieme e condividono la stessa idea che occorre fare presto per salvare le api, così preziose e indispensabili per la sicurezza alimentare e per la biodiversità vegetale. Hanno girato molti paesi del mondo (India, Stati Uniti, Honduras, Irlanda, Italia) per vedere da vicino come stanno questi insetti e hanno realizzato un libro-reportage dal titolo La rivoluzione delle api, nato all’interno del progetto Hunger for bees che ha vinto il premio internazionale di giornalismo Innovation in development reporting, gestito dal Centro europeo di giornalismo.
Le api sono in grave pericolo di estinzione in molte zone del pianeta a causa dagli effetti combinati del cambiamento climatico, degli antiparassitari, della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e dei parassiti. E noi non possiamo, assolutamente, farne a meno di questi insetti. Secondo le stime della Fao, delle 100 specie di colture che forniscono il 90% di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. Bastano questi pochi dati per comprenderne l’importanza.
La rivoluzione delle api (Ed. Nutrimenti 2018 – Euro 13,60) non è un resoconto di quello che potrebbe succedere se le api scomparissero. È molto di più. Suddiviso in 10 capitoli dedicati ad altrettanti prodotti della terra, il libro racconta le storie di donne e uomini che amano le api e che vogliono far comprendere alle loro comunità di appartenenza l’importante ruolo che esse svolgono dal punto di vista agricolo, alimentare, sociale e ambientale. Sono tutte storie positive. Come quella dei cacciatori di miele (Honey hunters, persone che si arrampicano sugli alberi della foresta per prendersi il prezioso alimento incuranti dei pericoli) dell’Honduras che poi diventano apicoltori e ne scoprono i vantaggi tra cui quello di evitare di dover migrare; o quella di Neema, contadina indiana di 28 anni, che insieme ad altre donne è diventata apicoltrice per migliorare l’impollinazione delle piante coltivate riuscendo così ad avere cibo per tutto l’anno e non più solo per otto-dieci mesi.
Il tema dell’impollinazione ritorna spesso nel libro come quando si racconta che nella Central Valley in California a febbraio, epoca di fioritura del mandorlo, si concentra il 95% degli apicoltori degli Stati Uniti con 2,5 milioni di alveari per offrire il loro servizio d’impollinazione agli agricoltori. Se però i mandorleti continueranno a crescere, e con loro il massiccio uso di antiparassitari, le api avranno dei gravi problemi e non saranno più sufficienti. Potrebbe quindi succedere quello che già è accaduto in alcune zone della Cina dove questi insetti sono scomparsi dalle campagne e l’impollinazione è affidata alla mano dell’uomo. Oppure, molto presto, raccontano nel libro Pelliccia e Zarlenga, sarà la tecnologia a sostituire le api: a Sheffield (Inghilterra) «cercano di comprendere le connessioni dei loro neuroni e riprodurle in laboratorio, per dar vita ad api volanti dotate di un’autonomia di azione che ricalca quella degli insetti reali». In futuro, si chiedono le autrici, i voli meccanici dei droni saranno l’unico ronzio che si sentirà sui campi coltivati?
Si racconta anche dell’Italia, con Giorgio che porta gli alveari nei campi, chiamato dai contadini, per fecondare le piante e della sua preoccupazione per la morìa delle api a causa degli antiparassitari. E di Malles, paese dell’Alto Adige, che nel 2014 con un referendum ha scelto di bandire i pesticidi dal territorio comunale.
La rivoluzione delle api tocca anche argomenti come l’apicoltura urbana e quella sociale. La prima raccontata attraverso gli orti di Via Padova a Milano. La presenza degli alveari in città favorisce l’aggregazione delle persone e le api sono utili bioindicatori della qualità dell’ambiente in cui vivono. L’apicoltura sociale, invece, è entrata a far parte delle terapie alternative di alcuni centri che si interessano di malattie mentali, ma anche per tenere sotto controllo lo stress e l’aggressività.
Come ricorda Vandana Shiva nella prefazione del libro, «proteggere le api significa proteggere il futuro degli esseri umani».
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