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In fumo un manoscritto di Parrasio e il capolavoro di Telesio

In fumo un manoscritto di Parrasio e il capolavoro di TelesioUna teca con i libri bruciati nell'incendio

L'incendio di Cosenza Bruciata anche una collezione di libri antichi, proprietà di un mecenate calabro-statunitense: erano conservati in un edificio vicino a quello da cui sono partite le fiamme. Ancora da quantificare i danni complessivi

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 20 agosto 2017

Alla tragedia umana e sociale consumatasi avantieri a Cosenza, s’è assommata una perdita culturale notevole. Nell’incendio divampato sul corso principale della parte storica della città, infatti, è stato coinvolto anche un appartamento del mecenate calabro-statunitense Roberto Bilotti, situato in un medievale palazzo patrizio, che nell’Ottocento fu rilevato dai borghesi nobilitati Compagna di Corigliano, i quali diedero all’edificio l’aspetto imponente che presenta tuttora. Rilevato dalla famiglia Bilotti diversi anni fa, nell’appartamento aggredito dalle fiamme si trovavano quadri e arredi preziosi; ma soprattutto una biblioteca che conservava alcune perle di personalità illustri della storia della città.

Così, è andato in fumo un manoscritto inedito del filologo cosentino Aulo Giano Parrasio (al secolo, Giovan Paolo Parisio). Ultimo e più importante erede della straordinaria tradizione filologica dell’Umanesimo italiano, fu Parrasio che a inizi Cinquecento tenne alta in Italia la bandiera dei Valla e dei Poliziano. Mentre la filologia, una delle più grandi conquiste del Rinascimento col dubbio critico che portava con sé, emigrava altrove in Europa: a partire dal grande Erasmo da Rotterdam.

La concitazione, la difficoltà delle operazioni dei vigili, non permettono ancora di fornire indicazioni analitiche sulla consistenza del fondo, solo da poco reso disponibile al pubblico. Sicuramente, però, c’erano altri preziosi manoscritti, tra i quali alcuni sia quattrocenteschi sia cinquecenteschi sulla storia della città. Ne facevano parte, inoltre, diverse cinquecentine, tra cui una copia della prima edizione del De natura iuxta propria principia (1565). Il capolavoro del filosofo cosentino Bernardino Telesio – che ebbe poi due altre edizioni col titolo De rerum natura iuxta propria principia col quale è noto – è uno dei capisaldi della cultura occidentale. Come nel caso di Parrasio, pertanto, la copia finita in cenere non è solo una perdita per la comunità cosentina ma per la cultura italiana. Ancor più ove si ricordi che, come spiegarono Giovanni Gentile ed Eugenio Garin, la rara prima edizione del testo telesiano è quella più importante ai fini della storia della filosofia; e basti ricordare che fu su di essa che Tommaso Campanella iniziò a imbastire le proprie idee rivoluzionarie.

Nei prossimi giorni sapremo nel dettaglio la consistenza di queste perdite ingenti. Sin d’ora, a ogni modo, è evidente quanto – al di là del comprensibile dolore del proprietario – per la comunità si tratti d’una perdita importante che, come detto, rende ancor più dolorosa una vicenda già di per sé molto drammatica. Ancor più tragica, d’altronde, essa appare se la s’inserisce nel contesto di questi ultimi anni. Anche Cosenza (come altre realtà: basti evocare la Biblioteca dei Girolamini di Napoli) sta assistendo a una perdita continua di quegli straordinari patrimoni documentali e bibliografici che costituiscono uno dei pilastri su cui ogni comunità deve fondarsi. È notizia dei giorni passati che anche il più importante giacimento sulla storia di Cosenza, la ricchissima Biblioteca civica, sta vivendo un momento d’agonia, dopo anni e anni d’incuria, con i lavoratori lasciati a se stessi e l’attuale e concretissimo rischio chiusura.

La penosa situazione in cui versano istituzioni culturali antiche e recenti, d’altra parte, è specchio fedele del degrado in cui giace il Centro storico dove è avvenuto il tragico evento, che segue diversi recenti crolli di antichi palazzi nell’inazione delle autorità. Il volto della città nuova sta conoscendo negli ultimi anni mutamenti importanti. Parallelamente, però, dopo che il vecchio sindaco Giacomo Mancini aveva assunto a simbolo della rinascita della città proprio il bellissimo e agonizzante centro antico, si sono succedute amministrazioni su amministrazioni, che hanno lasciato il moribondo abbandonato a se stesso.

Naturalmente, questa non è una storia che riguarda la sola Cosenza. Il che non fa che rendere ancora più gravi le responsabilità politiche di tale stato dei fatti. Ad ogni livello.

*Docente di Storia moderna, Università di Torino

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