Il tema del fuggiasco è uno dei dei topoi classici e più frequenti all’interno del noir. Che si tratti di cinema – e allora il pensiero non può non andare ad alcuni dei capolavori di Alfred Hitchcock – o di letteratura, l’uomo in fuga è il protagonista di tante opere. A volte si tratta di un innocente creduto colpevole di un delitto, in altri casi è un criminale che ha tradito o truffato la propria organizzazione, in ogni caso, comunque, l’uomo braccato risulta essere un ottimo innesco per scatenare elevati livelli di suspence e continui colpi di scena. E proprio la figura del fuggiasco è al centro dell’ultimo romanzo di Jo Nesbø, intitolato Sole di mezzanotte e uscito di recente per Einaudi Stile libero Big (pp. 203, euro 16,50).

In realtà lo scrittore norvegese aveva affrontato il tema dell’uomo in fuga già in altri suoi romanzi non appartenenti alla saga che lo ha reso famoso, quella dedicata all’ispettore Harry Hole. Il topos era presente, infatti, in Il cacciatore di teste, così come nel romanzo immediatamente precedente a questo, Sangue e neve. Ed è proprio a quest’ultimo thriller che Sole di mezzanotte appare strettamente legato, quasi come se i due testi sembrassero variazioni di un medesimo tema, tante sono le affinità che li legano. Innanzitutto sono ambientati praticamente nello stesso periodo di tempo, siamo nel 1977. Ambedue i protagonisti svolgono la funzione di killer per i due boss della droga di Oslo, uno per Daniel Hoffmann, l’altro per il Pescatore. Entrambi sono inseguiti dai sicari della loro banda per aver tradito il loro capo. I due protagonisti risultano assolutamente incapaci in qualcosa: uno è dislessico e fa il liquidatore perché negato come rapinatore o pusher oppure pappone, l’altro ha un’assoluta incapacità legata proprio alla sua funzione di assassino. Sia Sangue e neve che Sole di mezzanotte, poi, sono romanzi scritti in prima persona.
Se nel libro precedente erano presenti vari altri elementi tipicamente dark, come la presenza di una femme fatale o l’ambientazione rigorosamente metropolitana, questo romanzo sembra invece concentrarsi soprattutto nel rapporto tra il protagonista e una realtà altra, totalmente estranea al suo ambiente di riferimento.

La trama è abbastanza lineare. Ulf – così si fa chiamare il protagonista – arriva in autobus in un paesino dell’estremo Nord della Norvegia, vicino al Polo, nel periodo in cui, appunto, il sole non tramonta mai. Si sistema in un capanno di caccia ed entra in contatto con la comunità locale, formata da pescatori e dalle loro famiglie, in gran parte apparteneneti a una setta luterana, e da sami, la popolazione indigena locale. Ma soprattutto Ulf incontra e si lega a un ragazzino e a sua madre, una donna quasi bella. Intanto, però, gli inseguitori sono sulle sue tracce. E tra incontri con pastori luterani, sciamane, distillatori di liquore già studenti di teologia e giurisprudenza, il protagonista si troverà a dover compiere delle scelte e fare i conti col proprio handicap. Mentre il lettore conoscerà un po’ alla volta la sua storia e i motivi per cui l’ex-liquidatore si sia venuto a trovare in una tale situazione.
Scritto con la consueta maestria, in uno stile tagliente che lega il lettore alla pagina, Sole di mezzanotte sembra caratterizzarsi soprattutto sugli aspetti psicologici, sull’interiorità dei personaggi principali. Sembra quasi che l’autore voglia esplorare non solo e non tanto le reazioni di una persona in una situazione di pericolo e di emergenza, ma soprattutto i cambiamenti che intervengono quando si entra in relazione con qualcosa di assolutamente altro, diverso da qualunque esperienza precedente.

Un discorso che investe naturalmente in prima battuta il protagonista ma che si allarga anche, come accade spesso nelle migliori opere sul tema dell’uomo braccato, all’atteggiamento e ai mutamenti che vanno a investire le persone che entrano in contatto con il fuggiasco, un fuggiasco che per di più non si presenta come un innocente braccato ingiustamente, anzi.