In fila per una dose, dalla Francia alla Germania monta la protesta
Vaccini Macron e Merkel sotto pressione, i ritardi Pfizer stanno mandando in tilt i piani. Oggi il Consiglio europeo, tra i temi anche il «passaporto vaccinale»
Vaccini Macron e Merkel sotto pressione, i ritardi Pfizer stanno mandando in tilt i piani. Oggi il Consiglio europeo, tra i temi anche il «passaporto vaccinale»
«Gli appuntamenti sono sospesi nell’insieme dei centri di vaccinazione. Riapriranno quando il volume di dosi supplementari di vaccini sarà conosciuto», ha comunicato ieri il Prefetto del dipartimento della Saône et Loire. La confusione cresce in Francia, dai comuni e dalle regioni partono accuse contro il governo, per timore di una penuria di vaccini.
Martine Aubry, sindaca di Lille, ingiunge al governo di «dire la verità» sulle dosi, «non facciamo come sulle mascherine e sui test». La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, dopo che da lunedì è stata aperta la vaccinazione ai cittadini di più di 75 anni, accusa: «A questo ritmo ci vorranno 34 settimane per vaccinarli tutti». I sindaci di Dijon e di Besançon, molto colpite dal Covid, puntano il dito contro «le carenze dello stato centrale». Emmanuel Macron invita alla «pazienza», a «non cedere al corto-tempismo» e a «conservare il senso dei tempi lunghi». Il primo ministro, Jean Castex, ha spiegato che «questa settimana abbiamo solo 320mila dosi Pfizer invece delle 520mila inizialmente previste». La sottosegretaria all’industria, Agnès Pannier-Runacher, risponde accusando gli enti locali: «Ci sono più dosi che appuntamenti», mentre la distribuzione avviene «nel rispetto dell’equità territoriale». Il ministro della Sanità, Olivier Véran, ha promesso che alla fine della settimana saranno in open data tutte le cifre sulla quantità e distribuzione delle dosi.
A pochi mesi dalle elezioni regionali, i vaccini e le dosi diventano argomento di polemica politica. Succede pure in Germania, dove il principale bersaglio è la Commissione europea, che avrebbe ordinato un numero insufficiente di dosi, ma nel mirino c’è anche Angela Merkel, che avrebbe fatto la scelta della solidarietà europea limitando le possibilità dei tedeschi, anche se gli altri europei hanno protestato per gli accordi a latere fatti da Berlino con BioNTech e CureVac, due laboratori tedeschi, che producono il primo con Pfizer, il secondo con Bayer (non ancora autorizzato).
In Germania ci sono anche tensioni tra Länder, alcuni sono più lenti di altri. In Belgio, la polemica si è concentrata sui timori di penuria di siringhe. In Danimarca, il governo ha annunciato una diminuzione del 10% dei vaccini nel primo trimestre, a causa di Pfizer. La Spagna vaccinerà chi ha più di 70 anni solo da marzo, ma già Andalusia e Navarra vogliono anticipare. Altri paesi hanno deciso di rivolgersi altrove (lo possono fare per le leggi europee in caso di emergenza): Cipro tratta con Israele, l’Ungheria adesso si è rivolta alla Cina.
Le dosi di vaccini e la distribuzione è il primo punto sottoposto dalla Commissione al Consiglio europeo, che si riunisce in video dalle ore 18 di oggi e durerà probabilmente nella notte. Per la Commissione non c’è ragione di cedere al panico: solo con Pfizer e Moderna, sono state già consegnate 13 milioni di dosi.
L’autorizzazione per AstraZeneca è prevista a fine mese, a febbraio per Janssen (Johnson&Johnson). La Russia presenterà a breve la domanda di autorizzazione all’Ema per Sputnik V. Molte dosi sono ancora inutilizzate, c’è un rapporto da uno a quattro nella differenza tra paesi. «Bisogna accelerare a breve – dice la Commissione – ma non ci deve essere una corsa a chi vaccina più in fretta, nella Ue c’è una grande interdipendenza, quindi una necessità di omogeneità».
Questo comporta anche una cooperazione internazionale: la Ue deve dare delle dosi ai paesi vicini, a cominciare dai Balcani, avverte la Commissione, che ricorda che Bruxelles è il primo contributore mondiale di Covax (per i paesi in via di sviluppo). All’inizio, sarà un gesto simbolico, dosi per il personale sanitario, verrà stabilita una percentuale automatica delle dosi da consegnare per la cooperazione internazionale.
Non chiamatelo «passaporto» vaccinale: la Commissione preferisce il termine «certificato». Entro fine mese, dovrebbero venire definiti i termini di questo documento a livello europeo. La richiesta è venuta dalla Grecia, poi hanno aderito Spagna, Malta, Portogallo. Danimarca e Polonia già lo danno. Ma ci sono resistenze: la Francia frena (teme le proteste contro il vaccino «obbligatorio»), la Romania è contro, la Germania divisa (è a favore il ministro degli Esteri Heiko Maas, ma molti sono contrari, per evitare discriminazioni). La Iata (Associazione internazionale del trasporto aereo) chiede un certificato digitale di vaccinazione, due compagnie aeree – Emirates e Etihad – hanno già approvato un travel pass digitale.
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